Da sempre a braccetto, caporalato e lavoro nero, hanno assunto dimensioni preoccupanti; secondo alcune stime in Italia sono circa 3,5 mila le persone vulnerabili, costretti a lavorare in condizioni di grave sfruttamento, ad incidere negativamente sul mercato del lavoro oltre al doppio lavoro anche il caporalato, condizione che sfugge a:fisco, Inps e produce concorrenza sleale.
L’intermediazione illegale di manodopera, presente nell’edilizia e nei trasporti, nella logistica e nei servizi di cura alla persona si è radicata con particolare virulenza e pervasività nelle attività agroalimentari caratterizzate da rapporti di lavoro di breve durata in luoghi isolati dai centri abitati, in grado di sfuggire ai controlli.
Lo sfruttamento lavorativo avviene su persone in stato di bisogno costrette ad accettare condizioni di vita degradanti che il Covid ha peggiorato, i trattamenti vessatori e umilianti ai quali sono sottoposte provocano completa dipendenza dai caporali: una vera e propria servitù, fino a casi di schiavitù per i provenienti da operazioni di tratta di esseri umani.
L’Ufficio studi degli Artigiani, segnala che degli oltre 3,2 milioni di lavoratori irregolari presenti nel Paese, quelli sfruttati da caporali o da organizzazioni criminali sono una minoranza.
L’European House Ambrosetti stima in almeno 80 i distretti agricoli gestiti da “caporali” con oltre 400 mila operai coinvolti (l’80% stranieri), pagati 25 – 30 euro al giorno per 12 ore di lavoro.
Dai dati sulle operazione di polizia giudiziaria svolte dal Comando dei Carabinieri per la Tutela del Lavoro emerge che nel 2019 sono state denunciate 324 persone, di cui 99 in stato di arresto, con 1488 lavoratori coinvolti, di cui 751 in nero, poca cosa considerata la realtà,di certo, andrebbe meglio se si attivassero apposite task force con l’ausilio di droni.
Gli esiti della politica di prevenzione sono deludenti, si registra;
· il persistere di una tipologia di tratta finalizzata alla cattura di operai da impiegare forzatamente nelle filiere agroalimentari,
· il diffondersi del caporalato in quasi tutto il territorio nazionale,
· il sistematico sfruttamento di migranti extracomunitari privi di permesso di soggiorno,
· la sempre più frequente presenza di criminalità organizzata.
Non bisogna sottovalutare la gravità del fenomeno nel quale i lavoratori sono sottoposti a condizioni degradanti e disumane da parte di pseudo-imprenditori che agiscono, nei campi e nei cantieri, con modalità criminali.
Il Governo si è preoccupato di mandare ispezioni in giro che controllassero la distanza, le mascherine per crisi pandemica, e non la regolarità dei rapporti di lavoro ,la situazione è in deciso peggioramento, la stima dell’Istat che segnala 3,2 milioni i lavoratori irregolari presenti in Italia, è quasi certamente sottodimensionata.
È da augurarsi che l’intreccio di interventi pubblici e comportamenti individuali sensibili al rispetto dei diritti umani e della dignità della persona sia proficuo, in grado di incidere profondamente su una piaga sociale inaccettabile per una comunità civile.
Il Governo punta sulle «azioni prioritarie» che il Piano Triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato (2020-22) prevede per le aree più critiche. Ma il vero deterrente potrebbe rivelarsi l’introduzione della «Clausola sociale di condizionalità» nella nuova disciplina della Politica Agricola Comunitaria (Pac) , previsti in un emendamento approvato dal Parlamento europeo il 23 ottobre 2020: la clausola stabilisce che i sostanziosi contributi europei possano essere concessi e mantenuti solo ad aziende in linea con i contratti collettivi di lavoro e la normativa nazionale ed europea.
Resta cruciale il ruolo etico dei consumatori che dovrebbero preferire i prodotti delle imprese virtuose aderenti alla Rete che operano in regime di legalità richiedendo alle catene di distribuzione commerciale di indicare nelle etichette il prezzo di origine pagato al produttore per evidenziare il peso delle successive intermediazioni.
Alfredo Magnifico