Secondo l’indagine dell’Istituto Demopolis realizzato per la Rai in occasione del Primo Maggio, il barometro sul mondo del lavoro manda segnali preoccupanti sullo tsunami in arrivo dopo il terremoto Covid-19.
Mentre i pilastri del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza indicano come obiettivo prioritario; transizione ecologica, digitalizzazione, mobilità sostenibile, inclusione sociale e salute, al contrario il lavoro è la priorità assoluta indicata da oltre l’80% degli italiani, le politiche per l’occupazione sono al primo posto nell’agenda dei cittadini per il Governo del Paese.
Il lavoro supera le richieste di una maggiore efficienza della sanità, indicata dal 74%, di misure per il rilancio dell’economia e di riduzione della pressione fiscale, e snellimento della burocrazia. Il 68% ritiene che, in seguito alla Pandemia, il mondo del lavoro in Italia non sarà più lo stesso, 3 italiani su 10 temono che, nei prossimi mesi, qualcuno dei familiari possa perdere la propria occupazione.
Si conferma che stanchezza e preoccupazione per le incognite del prossimo futuro sono il sentimento prevalente nei lavoratori italiani ad aprile 2021.
Una platea in cui 1,8 milioni di occupati, che ancora non hanno ripreso l’attività lavorativa a regime, e circa 1 milione, tra dipendenti e autonomi, è convinto di perdere il lavoro nei prossimi mesi (rispettivamente 620 mila dipendenti e 400 mila autonomi circa). A questo numero, si aggiungono 2,6 milioni di dipendenti che vedono a forte rischio il proprio futuro lavorativo sull’onda dello sblocco dei licenziamenti.
Albert Einstein ,in tempi non sospetti, affermava: “Chi attribuisce alla crisi i propri fallimenti e disagi, inibisce il proprio talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi è l’incompetenza”.
La soluzione che si intravede in questo caso, in un ambito dove si stanno sperimentando nuovi modelli organizzativi e si intravede già l’aumento della competitività, è l’investimento sulle competenze, per mantenere la propria posizione lavorativa o ricollocarsi, è ora di investire in modo strutturale sulle politiche attive del lavoro per riqualificare le competenze di tutti quei lavoratori che rischiano di essere espulsi dal mercato con la fine del blocco dei licenziamenti, a partire dai segmenti più fragili, a questa virtù è il caso di abbinare un’altra coppia di aspetti determinanti; la capacità di essere adattivi e avere voglia di misurarsi appieno con le sfide e gli impegni posti dal lavoro.
In un contesto caratterizzato dalle trasformazioni tecnologiche con i trend dirompenti dell’automazione, dell’e-commerce e della remotizzazione del lavoro, la sfida della mentalità, dell’atteggiamento, con cui guardare ai cambiamenti in corso come un’opportunità di crescita economica, occupazionale e personale rimane centrale e determinante dare priorità massima alla formazione.
Il fattore “stabilità e sicurezza” del lavoro appare da anni in crescita ma, nell’ultima fase, aumenta di oltre 20 punti, passando dal 54% del 2018 al 75% odierno: incide, pesantemente, l’incertezza degli ultimi 15 mesi di emergenza Coronavirus”.
Il pubblico impiego torna a rappresentare un obiettivo auspicato dal 66% degli italiani, con un incremento di 25 punti percentuali dopo la crisi pandemica,mentre poco più di un quinto riterrebbe oggi preferibile un’occupazione nel settore privato, si registra una perdita di appeal del lavoro autonomo: appena il 12%, potendo scegliere, opterebbe oggi per un lavoro in proprio, erano il doppio prima del Coronavirus.
Due terzi degli italiani, hanno apprezzato la scelta del Governo di effettuare, nei mesi trascorsi, il blocco dei licenziamenti per la durata della cassa integrazione, tutelando il lavoro in una fase di estrema crisi.
Il 58% si dichiara favorevole ad una proroga dello stop ai licenziamenti sino ad ottobre.
Alfredo Magnifico
Segretario Generale
Confintesa Smart