Resta alto lo scontro sulle nuove norme per velocizzare e far ripartire i cantieri con i fondi del Recovery Plan; alcuni vogliono togliere il criterio del massimo ribasso per le gare e criticano la liberalizzazione dei subappalti e l’appalto «integrato» per i rischi sulle infiltrazioni mafiose e sulla sicurezza sul lavoro,dall’altra operano per l’azzeramento del codice degli appalti e l’applicazione della normativa Ue, per dare ai sindaci i poteri diretti sulle grandi opere.
Il piano Next Generation Ue porterà all’Italia tantissime risorse in tempi molto stretti e ciò aumenterà appetiti criminali sulla spesa pubblica, occorre adottare contrappesi che non rallentano la spesa, visto che la stessa deve essere strumento di innovazione e sviluppo, occorre dare massima trasparenza agli appalti e garantire che le istituzioni competenti e tutti i cittadini li possano controllare, inoltre, c’è necessità di una Pubblica amministrazione più forte e competente nelle misure anticorruzione.
Le attuali regole sugli appalti, sono da aggiornare, ma, usando il bisturi e non l’accetta, senza sospendere il Codice degli appalti; il primo punto critico è l’eliminazione della soglia massima del 40% di lavori che si possono dare in subappalto, così si apre la strada alla criminalità, solo con la digitalizzazione diventa possibile controllare i subappaltatori, fare verifiche su di loro e non tollerare la presenza di mafiosi.
Occorre prevedere che i subappaltatori siano direttamente responsabili nei confronti della stazione appaltante e non solamente nei confronti dell’appaltatore, come accade oggi.
Altra questione è l’introduzione del criterio del massimo ribasso per aggiudicare una gara, le direttive europee scoraggiano il massimo ribasso, anzi, chiedono di badare alla qualità di beni e servizi messi in appalto, che viene meno se si usa esclusivamente il criterio del prezzo più basso, perché questo sia possibile, servono stazioniappaltanti che sappiano progettare e misurare la qualità, individuando i parametri adeguati, che devono valere sia per l’appaltatore principale che per i subappaltatori.
L’appalto integrato, con progettazione ed esecuzione affidate allo stesso soggetto è rischioso ,senza demonizzare a priori l’appalto integrato, serve investire per rendere la Pubblica amministrazione forte da non essere “catturata” dal privato, sarebbe opportuno che per ogni 100 milioni da destinare alle opere pubbliche, 500mila euro fossero riservati per assumere nel pubblico tecnici capaci di progettare e gestirle.
il Codice degli appalti non può essere sospeso, perché le direttive europee non disciplinano tutti gli aspetti e avremmo pericolosi vuoti normativi su parti essenziali, i funzionari pubblici, trovandosi nel deserto normativo, finirebbero per bloccarsi, invece che accelerare.
Serve; più trasparenza sui contratti pubblici e sulla digitalizzazione delle procedure di affidamento, a partire da programmazione e collaudo, più potenziamento della Banca dati nazionale dei contratti pubblici, per garantire controllabilità e migliorare la qualità della spesa, creare il Fascicolo virtuale dell’operatore economico, che concentra le informazioni oggi sparse in varie banche dati e consente di verificare facilmente se un’impresa ha i requisiti per partecipare a una gara, a cominciare dal fatto che sia in regola sul pagamento delle imposte e dei contributi previdenziali.
Adesso l’impresa partecipa alla gara, poi si trova che manca qualche requisito e la stazione appaltante la deve escludere con tutti gli strascichi legali prevedibili tutto va a gara; dal cartello stradale al “tutor” presente in autostrada,dalla fornitura della carta igienica al materiale medico, la verifica dovrebbe restare valida tre mesi senza che l’azienda debba ripetere tutte le procedure per le altre gare a cui parteciperà in quel periodo, nel caso delle stazioni appaltanti, in questo modo potranno fare i controlli più rapidamente e per il resto dedicarsi alla strategia di acquisto, c’è bisogno di ridurre le stazioni appaltanti, in Italia sono oltre 30mila.
I grandi appalti e le grandi opere le possono fare pochi e qualificatissimi, sono le centrali di committenza, in particolare quelle regionali, che vanno rafforzate e alle quali deve essere consentito di offrire servizi anche fuori dalle loro regioni.
I comuni dovrebbero creare le loro centrali di committenza, per i casi in cui non vogliono servirsi della Consip e di quelle regionali, lasciando ai singoli comuni solo i contratti di minore dimensione.
Alfredo Magnifico