L’intervento/Campobasso, la città dove fare impresa è arduo

di Massimo Dalla Torre
È Campobasso la città dello stivale dove fare impresa è molto più costoso che, in qualsiasi
altro capoluogo di regione, causa il gravare delle tasse locali, i cui sistemi e soprattutto le
aliquote variano da realtà a realtà. A svelarlo alcune disamine del CEr (centro Europa
ricerche) che ha realizzato in collaborazione con la Confcommercio lo studio “la legge di
stabilità e le prospettive della tassazione locale in Italia”, dal quale è emerso tra l’altro che,
nel nostro paese, le entrate tributarie degli enti locali sono cresciute del 248,8%, passando
da 30 a 103 miliardi di euro, molto di più di quelle centrali che sono aumentate del 71,2%
ossia da 228 a 393 miliardi. Il tutto in considerazione che la pressione fiscale totale, negli
ultimi 20 anni, è salita dal 40,3% al 43,7%. A far scattare Campobasso in vetta alla
classifica le aliquote IRAP e quelle dell’IRPEF regionale. Nel capoluogo regionale il gettito
fiscale è alto, mentre a Trento, la città più virtuosa. Gli studi, inoltre, evidenziano anche
l’ampia variabilità delle aliquote dei tributi locali. Il tutto in considerazione che vi sono città
come Roma, Torino e Firenze dove le addizionali regionali sono applicate per scaglioni.
Per i vertici di Confcommercio «non solo ci sono aliquote differenti ma sono differenti per
comune e regione anche i metodi di calcolo delle addizionali tant’è che a Campobasso
l’addizionale regionale è proporzionale» in definitiva ancora una volta numeri e dati ci
condannano inesorabilmente per cui prima di intraprendere una iniziativa imprenditoriale
sarebbe bene fare qualche conto anche sulla carta dei maccheroni in modo da risparmiare
qualche euro che potrebbe tornare sempre utile.

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