La crisi pandemica, che il nostro Paese attraversa, pone sempre nuove questioni, il caso affrontato dal Tribunale di Arezzo è uno di questi.
Il dipendente di una catena di grande distribuzione si era rifiutato di servire alla cassa un cliente privo di mascherina e, all’invito di coprirsi, in qualche modo, il volto con la felpa o altro mezzo, aveva avuto una discussione con il cassiere al termine della quale aveva lasciato tutta la merce che doveva acquistare sul bancone ed era andato via.
Il caso aveva avuto una rilevanza mediatica andando a finire sui social, l’azienda, venuta a conoscenza del fatto, dopo aver esperito la procedura, aveva licenziato il dipendente per aver disatteso le indicazioni aziendali e aver danneggiato gravemente l’immagine aziendale.
Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento ed il Tribunale di Arezzo, riconosceva l’ illegittimità del licenziamento, disponendo la reintegra nel posto di lavoro con alcune motivazioni che, per il particolare momento che sta attraversando l’Italia, sono importanti,
Con la sentenza n. 9 del 13 gennaio 2021 il giudice stabilisce che il lavoratore ha avuto un atteggiamento comportamentale legittimo in quanto sussiste il diritto, costituzionalmente garantito, di poter offrire la propria prestazione lavorativa in sicurezza: di conseguenza, può rifiutarsi di svolgere l’attività se viene messa in discussione la propria sicurezza come nel caso del cliente che ometta di seguire le minime e fondamentali misure anti contagio, con la non utilizzazione della mascherina.
Il rifiuto della prestazione appare legittimo in quanto il lavoratore ha diritto di prestare la propria attività in sicurezza e la mancanza di dispositivi minimi (in questo caso del cliente che doveva servire) può essere nociva per il proprio stato di salute;
il dipendente ha agito in uno stato di necessità finalizzato alla tutela della propria salute: da tale assunto consegue che il datore di lavoro non può adottare alcuna sanzione disciplinare in quanto non si è registrata alcuna violazione degli obblighi
La sentenza di merito del giudice di Arezzo pone alcune questioni importanti che si riflettono sulle condizioni di sicurezza in cui vengono ad operare dipendenti privati e pubblici a stretto contatto con la clientela.
Non è sufficiente per il datore di lavoro fornire ai propri dipendenti tutti i dispositivi di sicurezza previste dai protocolli: occorre fare in modo che comportamenti non idonei da parte della clientela, come nel caso di specie, non siano tollerati e, allo stesso tempo, non possano condurre a situazioni nelle quali, in un’ottica di tutela della c.d. “immagine aziendale”, il comportamento del dipendente venga disciplinarmente sanzionato, addirittura con un provvedimento espulsivo.
Il nostro Paese sta attraversando un momento molto delicato: la pandemia causata dal COVID-19 sta mutando una serie di situazioni e condizioni e, in questo momento, la tutela della salute e della sicurezza, appare, assolutamente, un bene primario da preservare, al di là delle mere situazioni contingenti.
Alfredo Magnifico
La crisi pandemica, che il nostro Paese attraversa, pone sempre nuove questioni, il caso affrontato dal Tribunale di Arezzo è uno di questi.
Il dipendente di una catena di grande distribuzione si era rifiutato di servire alla cassa un cliente privo di mascherina e, all’invito di coprirsi, in qualche modo, il volto con la felpa o altro mezzo, aveva avuto una discussione con il cassiere al termine della quale aveva lasciato tutta la merce che doveva acquistare sul bancone ed era andato via.
Il caso aveva avuto una rilevanza mediatica andando a finire sui social, l’azienda, venuta a conoscenza del fatto, dopo aver esperito la procedura, aveva licenziato il dipendente per aver disatteso le indicazioni aziendali e aver danneggiato gravemente l’immagine aziendale.
Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento ed il Tribunale di Arezzo, riconosceva l’ illegittimità del licenziamento, disponendo la reintegra nel posto di lavoro con alcune motivazioni che, per il particolare momento che sta attraversando l’Italia, sono importanti,
Con la sentenza n. 9 del 13 gennaio 2021 il giudice stabilisce che il lavoratore ha avuto un atteggiamento comportamentale legittimo in quanto sussiste il diritto, costituzionalmente garantito, di poter offrire la propria prestazione lavorativa in sicurezza: di conseguenza, può rifiutarsi di svolgere l’attività se viene messa in discussione la propria sicurezza come nel caso del cliente che ometta di seguire le minime e fondamentali misure anti contagio, con la non utilizzazione della mascherina.
Il rifiuto della prestazione appare legittimo in quanto il lavoratore ha diritto di prestare la propria attività in sicurezza e la mancanza di dispositivi minimi (in questo caso del cliente che doveva servire) può essere nociva per il proprio stato di salute;
il dipendente ha agito in uno stato di necessità finalizzato alla tutela della propria salute: da tale assunto consegue che il datore di lavoro non può adottare alcuna sanzione disciplinare in quanto non si è registrata alcuna violazione degli obblighi
La sentenza di merito del giudice di Arezzo pone alcune questioni importanti che si riflettono sulle condizioni di sicurezza in cui vengono ad operare dipendenti privati e pubblici a stretto contatto con la clientela.
Non è sufficiente per il datore di lavoro fornire ai propri dipendenti tutti i dispositivi di sicurezza previste dai protocolli: occorre fare in modo che comportamenti non idonei da parte della clientela, come nel caso di specie, non siano tollerati e, allo stesso tempo, non possano condurre a situazioni nelle quali, in un’ottica di tutela della c.d. “immagine aziendale”, il comportamento del dipendente venga disciplinarmente sanzionato, addirittura con un provvedimento espulsivo.
Il nostro Paese sta attraversando un momento molto delicato: la pandemia causata dal COVID-19 sta mutando una serie di situazioni e condizioni e, in questo momento, la tutela della salute e della sicurezza, appare, assolutamente, un bene primario da preservare, al di là delle mere situazioni contingenti.
Alfredo Magnifico