Negli ultimi cinque anni la percentuale di trasformazione dei contratti di tirocinio, in contratti stabili non ha mai superato il 12%, neanche nei periodi di crescita esponenziale, non resta che prendere atto del fallimento di questo strumento nato per indirizzare la formazione dei giovani verso il mercato del lavoro.
Si è passati dai 67.150 tirocini extra-curricolari (cioè svolti al di fuori dei percorsi universitari) del 2010 ai 114.879 del 2015, ma il transito verso il contratto a tempo indeterminato è rimasto comunque inchiodato all’11,8% ,il dato è riferito ai tirocini di durata massima – fino a ventiquattro mesi – mentre per quelli più brevi il tasso di trasformazione è ancora più basso, dilemma ;”o il 90% dei giovani è composto da persone assolutamente incapaci, oppure qualcosa non funziona nel sistema di vasi comunicanti tra le giovani generazioni e il mondo lavorativo”.
Incrociando: andamenti statistici con l’evoluzione della recessione e il dispiegarsi dei vari interventi normativi (dalla legge Fornero al Jobs Act, da Garanzia giovani alla decontribuzione sulle assunzioni), si evince come a guidare le scelte delle aziende siano più le opportunità di risparmio sul costo del lavoro che l’idea di formare e assumere giovani.
Un rapporto di tirocinio, ha un costo che varia dai 400 ai 500 euro mensili.
Marcate risultano le strategie opportunistiche degli imprenditori mentre si è registrato un calo sostanzioso in coincidenza di incentivi molto forti sui contratti a tempo indeterminato, la corsa dell’apprendistato è ripresa impetuosa non appena la decontribuzione sulle assunzioni è stata ridimensionata.
il tasso di trasformazione in posti di lavoro stabili non è mai decollato veramente;
nel 2013 su 229.351 rapporti di apprendistato attivati, quelli trasformati in contratti a tempo indeterminato sono stati 69.635;
nel 2014 la proporzione è stata di 69.271 su 231.084; nell’anno successivo 85.352 su 184.196; e
nei primi sei mesi di quest’anno si è già arrivati a 133.081 rapporti attivati di cui 50.129 trasformati in lavoro stabile.
Il 71% delle nuove assunzioni dei primi sette mesi 2016 è con contratti a termine mentre quelli stabili sono calati del 33,7%. Nel caso dell’apprendistato, poi, l’opportunismo dei datori di lavoro è stato in qualche modo assecondato dalle modifiche normative del 2014: in particolare, l’abbassamento dal 50 al 20% della soglia minima di stabilizzazione degli apprendisti per maturare il diritto a fare nuovi contratti di questo tipo, o la franchigia per le aziende con meno di cinquanta dipendenti.
Se il governo avesse a cuore il rafforzamento del lavoro stabile, indebolirebbe tutte le altre forme contrattuali, invece, si è limitato a scommettere sulla possibilità che, una volta esaurito l’effetto incentivi, sarebbe stata la ripresa a sostenere la dinamica del mercato del lavoro. Una scommessa persa, in quanto la ripresa è ancora di la da venire.
Alfredo Magnifico
Lavoro: Il fallimento dello “Stagismo”
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