disposizione è frutto del protocollo d’intesa sottoscritto nel settembre 2007 dal Governo con Lega delle Cooperative, Confcooperative, AGCI, CGIL, CISL e UIL.
Le due norme rappresentano un parametro esterno ed indiretto di commisurazione del trattamento economico complessivo agganciato all’art. 36 della Costituzione relativo alla sufficienza della retribuzione che non può non applicarsi anche ai soci delle cooperative. L’attuazione, per via legislativa dell’art. 36 della Costituzione, non fornisce il c.d. “erga omnes” al contratto collettivo ma rappresenta, come afferma la Consulta nella sentenza n. 51/2015, l’utilizzazione di un parametro esterno al quale ci si deve attenere in attuazione dell’art. 39, che contrasta forme di “dumping” e di retribuzioni al ribasso ed è in linea sia con la previsione dell’art. 36 che con gli indirizzi espressi dalla Suprema Corte con le sentenze n. 19832/2013 e n. 17583/2014.
Lo spirito è che si possono stipulare, liberamente, tutti gli accordi che si vogliono, ma i limiti retributivi debbono essere almeno uguali a quelli stabiliti dal Legislatore attraverso il rinvio alla contrattazione “comparativamente più rappresentativa”. Nel caso di specie, la cooperativa nel proprio regolamento aveva fatto riferimento al CCNL che regolamenta l’attività dei custodi e dei portieri (CCNL lavoratori dipendenti da proprietari di fabbricati): la Cassazione sottolinea l’inapplicabilità dello stesso in quanto l’accordo collettivo, seppur sottoscritto da CGIL, CISL e UIL risulta siglato, per la parte datoriale, dalla sola Confederazione Italiana della Proprietà Edilizia, cosa che non soddisfa il requisito ex art. 7 della legge n. 31/2008, settore che poco c’entra con quello oggetto di appalto, essendo tale quel contratto collettivo riferibile ai rapporti dei dipendenti da proprietari di fabbricati e agli addetti ad amministrazioni immobiliari e condominiali.
La decisione della Corte di Cassazione logica e giusta, si inserisce in un filone che intende limitare, sotto l’aspetto economico, in assenza della attuazione legislativa dell’art., 39 della Costituzione, gli effetti negativi di contratti collettivi applicati in settori diversi o di accordi collettivi che, seppur depositati presso il CNEL, sono stati sottoscritti da associazioni datoriali e sindacali di dubbia rappresentatività. Senza andare nel merito di una discussione in attesa che gli organi a ciò deputati facciano qualcosa (Governo, Parlamento, CNEL) la Consulta è chiara, nella “comparazione dei pesi” facile da effettuare confrontando “il pondus” delle associazioni che hanno sottoscritto il contratto (trattamento minimo stabilito e riferito all’art. 36 della Costituzione): si hanno le tre centrali sindacali e le tre associazioni di rappresentanza delle cooperative e, dall’altra, una sigla sindacale minoritaria ed una sola associazione di rappresentanza delle cooperative, la differenza di “peso” appare evidente.
In assenza di indirizzo legislativo sulla rappresentanza, alcuni requisiti possono concorrere alla definizione del “peso”: la partecipazione a trattative in sedi istituzionali, a procedure collettive di riduzione di personale, a esami congiunti per la richiesta di ammortizzatori sociali, alla conciliazione delle controversie individuali di lavoro ex artt. 410 e 411 cpc, alla sottoscrizione di accordi correlati alla produttività o alla detassazione che vanno depositati attraverso l’apposito indirizzo di posta elettronica del Ministero del Lavoro, la dislocazione territoriale delle sedi,il numero degli iscritti.
Alfredo Magnifico