Delitti contro il patrimonio: nessuna responsabilità se l’autore del reato è un congiunto
Il libro II, titolo XIII del codice penale, ha ad oggetto i delitti contro il patrimonio e comprende una serie di fattispecie delittuose particolarmente importanti, non solo dal punto di vista giuridico, ma anche sociale (si pensi, a titolo esemplificativo, ai reati di furto, truffa, circonvenzione d’incapace, ecc…).
Ebbene, l’autore di questi reati non dovrà rispondere della consumazione del reato se è un congiunto; ciò è sancito dall’art. 649 c. p. del nostro codice penale che recita:
“Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti da questo titolo (delitti contro il patrimonio) in danno:
1) del coniuge non legalmente separato;
2) di un ascendente o discendente o di un affine in linea retta, ovvero dell’adottante o dell’adottato;
3) di un fratello o di una sorella che con lui convivano.
I fatti preveduti da questo titolo sono punibili a querela della persona offesa, se commessi a danno del coniuge legalmente separato, ovvero del fratello o della sorella che non convivano coll’autore del fatto, ovvero dello zio o del nipote o dell’affine in secondo grado con lui conviventi”.
Dal punto di vista del diritto penale sostanziale, la norma citata rientra nell’alveo delle cause di non punibilità previste dal nostro ordinamento.
Le cause di esclusione della punibilità possono essere definite come particolari situazioni che, per ragioni politico-criminali, escludono la punibilità di un soggetto e rendono non punibile un fatto tipico, antigiuridico e colpevole.
Purtroppo il risvolto pratico di tale previsione, a volte, è poco piacevole perché vede uscire indenni da un procedimento persone che hanno agito in modo riprovevole nei confronti di un familiare, ma tutto resta sindacabile e condannabile dal solo punto di vista morale.
Spesso noi legali assistiamo persone derubate, raggirate o soggiogate da un parente che, dal punto di vista penalistico, non verrà mai punito, trovando conforto nella norma in esame.
La ratio di questa previsione è quella di non punire l’autore di un reato per salvaguardare un altro interesse, ritenuto superiore dal legislatore, ossia la famiglia.
Unica consolazione è l’inapplicabilità della salvaguardia ad alcune figure di reato contenute nel titolo XIII, quali la rapina, l’estorsione e il sequestro di persona, nonché ad ogni altro delitto contro il patrimonio che sia commesso con violenza alle persone.
Avv. Silvio Tolesino