La morte di Satnam Singh: e se ci ponessimo più domande?

Satnam Singh se non fosse morto a 31 anni perché un macchinario gli ha staccato un braccio ed è stato abbandonato come un sacco d’ immondizia, senza soccorsi, oggi sarebbe ancora a lavorare nei campi dell’Agro Pontino.

Di asiatici e africani, schiavi nei campi come lui, ce ne sono tra i 5mila e gli 8mila, solo nella provincia di Latina, oltre 200mila in tutta Italia.

Pensare che siano i soli si sbaglia: ci sono schiavi cinesi, nei capannoni di Prato e in quelli tra Milano e Bergamo, schiavi sudamericani nei grandi poli della logistica, tra Piacenza e Pavia, schiavi in bicicletta che consegnano pasti in tutte le città italiane.

Singh, ancora una volta, è saltato agli occhi, perché è morto così tragicamente.

Molti schiavi, quotidianamente li vediamo, ma non li notiamo, ormai, ci siamo abituati.

Lo sfruttamento della disperazione e della miseria, che arriva qui da tutto il mondo, è ormai integrato in molti ambiti dell’attività economica in Italia, e ci abbiamo fatto il callo, per dirla papale papale,non ci fa più né caldo né freddo.

Sarebbe giusto interrogarsi sulle leggi che abbiamo e sui mancati controlli delle nostre forze dell’ordine.

Sarebbe da usare il pugno di ferro e sarebbe indispensabile essere esigenti con le grandi aziende dell’alimentare, del commercio e della distribuzione.

Ho collaborato e continuo a collaborare con Konsumer e come consumatori abbiamo un grande potere, quando entriamo in un supermercato e ci accorgiamo che una bottiglia di pomodori insaccati costa 60 centesimi, scegliamo un negoziante e un prodotto piuttosto che altri, così che stiamo contribuendo a decidere quale modello di economia e di società vogliamo.

Occorre leggere le etichette, informarsi sulle storie delle imprese, fare uno sforzo per impiegare senso critico e ragionevolezza, sicuramente è più costoso, perché i lavoratori in regola costano di più degli schiavi e il rispetto dell’ambiente comporta le sue spese.

Un po’ di impegno dobbiamo metterlo anche noi, se vogliamo ridurre il rischio di trovarci nel piatto un melone raccolto dal povero Singh e se vogliamo fare in modo che quegli schiavi non siano anche nostri schiavi.

Alfredo Magnifico

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