Mio Nonno aveva il desiderio di votare, ma era povero e non ne aveva diritto, mia madre avrebbe voluto votare ma dovette aspettare il suffragio universale per poter esprimere il suo voto, per rispetto a loro io non sono mai mancato al voto, però, oggi sembra che la democrazia non affascini più, mentre trionfa l’astensionismo e il disinteresse.
Sono sempre stato interessato alla politica, anche se quando mi è stato chiesto di coinvolgermi attivamente, ho declinato sempre molto elegantemente l’invito, però mi ha sempre appassionato analizzare i programmi, conoscere i candidati e appassionarmi al confronto tra forze e leader, ma, parlando con i lavoratori mi accorgo che la democrazia partecipata non li affascina più.
Quello che a settant’anni inoltrati mi fa sentire ancora giovane sono le domande che mi pongo e alle quali difficilmente sento di poter dare una risposta; cos’è la democrazia? Fino a che punto la maggior parte della popolazione mondiale è cosciente che può trarne beneficio? Le istituzioni e i processi democratici sono adatti al mondo di oggi? I meccanismi democratici possono ostacolare il cambiamento? In che modo le istituzioni e i processi democratici dovrebbero adattarsi ai cambiamenti del mondo di oggi?”.
A queste domande si frappone una cruda realtà: la Corruzione dilagante, l’allargarsi della forbice sociale, la povertà dilagante, il peso del debito pubblico, le difficoltà di funzionamento dello stato sociale, i bassi salari, l’invecchiamento della popolazione, la crisi ambientale e il rivivere dopo settant’anni l’esperienza della guerra in Europa, tutto questo genera insicurezza e sfiducia.
La politica appare come una meteora persa nell’infinità del cielo, lontana dalla realtà e non in grado di rispondere alle esigenze delle persone.
Lo scetticismo verso la politica nasce dall’aver sostituito le grandi battaglie ideologiche del novecento, caratteristica della prima repubblica, con il nulla totale, infatti non solo non si è stati in grado di costruire un nuovo orizzonte di senso, ma il tutto è stato sostituito dal circo Barnum con nani e ballerine graditi al principe del momento, espropriando il popolo del ruolo di selezionatore, lasciando questo compito al principe.
Qualcuno ha pensato che mercato, tecnologia, consumo e benessere bastassero a formulare un progetto di vita.
Serve un nuovo immaginario capace di recuperare alla vita e alla politica la gratuità e la fraternità.
La politica dovrebbe tornare ad essere luogo di incontro e di cammino insieme, con un urgente bisogno di costruire; immagini, simboli, narrazioni, rappresentazioni artistiche, religiose e politiche che ci portino fuori dalla schiavitù di cellulari e social.
Per la democrazia registrare il fastidio al voto, con il crollo di partecipazione sotto il 50% è molto pericoloso, personalmente sono andato a votare, sono un elettore fedele, nel mio percorso politico ho votato e aderito a partiti che mi hanno dato la possibilità di discutere e rendermi partecipe della costruzione del gruppo dirigente, ho sempre scelto chi fosse vicino ai miei ideali, ai valori del sindacalismo e del cattolicesimo democratico.
Piuttosto che di un referendum tra leader, ci sarebbe stato bisogno, di fronte allo scenario politico mondiale, di discutere del ruolo dell’Europa nel mondo, come far avanzare percorsi di unità e di allargamento, ma anche come i parlamentari si devono impegnare sul terreno della Pace, del Sociale e come mantenere viva l’idea di un’economia sociale di mercato come alternativa al neoliberismo.
Affidare la soluzione alle armi è stato un errore, penso che si stia discutendo troppo di sicurezza, di armamenti, di eserciti mentre le questioni sociali, iniziando dall’immigrazione e dalla povertà, sono state marginalizzate.
Negli anni passati ci eravamo convinti che la povertà fosse stata confinata fuori dai nostri confini, mentre adesso ci stiamo rendendo conto che essa prospera tra noi, si è radicata nelle società europee e si intreccia con la questione del lavoro e delle sue trasformazioni.
Una nuova “Questione Sociale” impatta con le nuove tecnologie e che per complessità e profondità richiede di essere affrontata a livello continentale attraverso una nuova visione unitaria e federale.
Lo slogan “meno Europa” rappresenta un pericolo per i ceti deboli che hanno bisogno di più Europa, se non si affrontano le grandi sfide, le problematiche sociali, economiche ed ecologiche non si può parlare di sicurezza.
La vera sicurezza più che affidarla alle armi, dovrebbe concentrarsi su; lavoro, vita dignitosa, cura della terra, poiché solo così si può affrontare, con serenità, la transizione ecologica, che richiede scelte e percorsi diversi dei nostri stili di vita e di consumo.
Le elezioni europee sono importanti, riguardano il futuro e l’autonomia del nostro continente e il suo ruolo nel mondo, ma loro trasformazione in un referendum di gradimento, ha contribuito a ridurre le elezioni degli enti locali e dei comuni a un’appendice, per delineare un diverso clima politico, occorre coinvolgere maggiormente i cittadini nelle elezioni territoriali e comunali..
L’interesse per le elezioni comunali deve essere molto più alto di quello che si manifesta per le europee, poiché sono le prime istituzioni che incontriamo nell’esercizio della politica e nella costruzione del bene comune.
I comuni hanno bisogno di un profondo rinnovamento politico per evitare che si ripieghino su una logica puramente amministrativa, hanno bisogno di accentuare la visione politico-sociale, in grado di far riscoprire ai cittadini il senso comunitario e partecipativo della municipalità, anche attraverso l’adozione di forme di democrazia deliberativa.
I comuni sempre più importanti e sempre più messi ai margini e fare in modo che gli enti municipali e i comuni piccoli non rimangano sconosciuti serve l’aumento del loro ruolo.
Serve rafforzare la dimensione politica locale per dare nuovo slancio alla democrazia europea.
Nella crisi di legittimità che le istituzioni politiche stanno vivendo, con la partecipazione a meno del 50% ne è la dimostrazione, ritenere che la partita di rinnovamento della democrazia si giochi a livello nazionale o attraverso l’autonomia differenziata, ed è proprio dal termine “differenziata” che emerge il pericolo di uno stravolgimento del senso unitario-partecipativo che gli enti comunali hanno sempre giocato.
La democrazia ha bisogno di pluralismo che si gioca nell’unità, nella solidarietà e nella sussidiarietà.
La rivitalizzazione della democrazia italiana ed europea non nasce né a Roma, né a Bruxelles ma nelle comunità locali, nei comuni, con la scelta di persone capaci e competenti con il voto di preferenza.
Alfredo Magnifico