Da un sondaggio realizzato dal Centro studi di Unimpresa, si prospetta uno scenario per niente roseo,per 4 piccole medie imprese su 5 la ripresa dell’economia italiana è fragile, i segnali che vengono rilevati da alcuni indicatori non consentono alle aziende di guardare con fiducia al futuro e la prospettive di rilancio non sono stabili, anche il 2015 resta pieno di ombre. Sono diversi i motivi che mettono in ansia gli imprenditori del nostro Paese: problemi con le banche per la concessione di credito, difficoltà nel rispettare scadenze e adempimenti fiscali, ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione, mancati incassi da clienti privati, impossibilità di pianificare investimenti. Un mix di fattori che fa prevedere un secondo semestre 2015 assai complesso con le prospettive di ripresa stabile e crescita del prodotto interno lordo ridotte al lumicino ,nei prossimi mesi non è esclusa una nuova tornata di dissesti finanziari, stati di crisi o addirittura fallimenti e altre procedure concorsuali. La recessione economica più dura del previsto registrata negli scorsi anni e l’assenza di prospettive stabili di rilancio rendono il quadro ancora cupo, stando alle indicazioni fornite dalle aziende. Entrando nel merito dei motivi, credito, fisco, pagamenti pubblica amministrazione, mancati incassi, investimenti sono per le imprese alcuni motivi precisi come fattori negativi. Servirebbe una cura choc per la nostra economia. Le recenti misure approvate in campo economico, come quella sulle perdite fiscali delle banche, dovrebbero avere effetti postivi, ma non sono inserite in un piano ampio e complessivo di politica economica, che possa mettere l’economia italiana in un sentiero positivo e stabile di ripresa economica. In cima alla “classifica” c’è la questione credito molti istituti bancari chiudono improvvisamente linee di credito, scoperti di conto corrente e affidamenti anche ad aziende “sane”‘, facendole finire su un terreno scivoloso. il secondo elemento destabilizzante per scadenze e adempimenti tributari difficilissimi da rispettare, il terzo fattore allarmante è il ritardo dei pagamenti da parte di Stato centrale ed enti locali. Anzitutto per lo stock da circa 60 miliardi di debiti della pubblica amministrazione che solo in parte è stato rimborsato e che non viene sbloccato da amministrazioni centrali e locali principalmente a causa dello stallo nel meccanismo di certificazione dei crediti vantati dalle imprese. Non solo: le nuove direttive europee adottate recentemente in Italia – che dovrebbero imporre alla Pubblica amministrazione di saldare le fatture entro 60 giorni – trovano scarsissima applicazione. Il quarto elemento critico riguarda gli incassi fra aziende, in particolare fra produttori e fornitori. I ritardi dei pagamenti sono evidenziati anche nei rapporti fra privati che si traducono in un colpo tremendo alla circolazione di liquidità e nella crescita delle insolvenze, lo stop agli investimenti che, allo stesso tempo, rappresenta un fattore e una conseguenza della crisi economica. Per le imprese italiane la pianificazione degli investimenti sia sul versante dell’innovazione sia su quello della manutenzione ordinaria di stabilimenti, fabbriche, capannoni, esercizi commerciali, infrastruttura tecnologica.
Alfredo Magnifico
La crisi continua a mordere, 4 aziende su 5 ripresa fragile
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