Un passo del profeta Isaia recita: «Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace» (Is 52, 7), parole che esprimono la consolazione, il sospiro di sollievo di un popolo esiliato, sfinito dalle violenze e dai soprusi ed esposto all’ indegnità e alla morte.
Per quel popolo, l’avvento del messaggero di pace significava la speranza di una rinascita dalle macerie della storia, l’inizio di un futuro luminoso.
Oggi, il cammino di pace, rimane lontano dalla vita reale di tanti uomini, donne e della famiglia umana, che è ormai del tutto interconnessa.
Non esiste più un dialogo costruttivo tra le nazioni, ma si amplifica l’assordante rumore di guerre e conflitti, mentre avanzano malattie di proporzioni pandemiche, peggiorano gli effetti del cambiamento climatico e del degrado ambientale, si aggrava il dramma della fame e della sete e continua a dominare un modello economico basato sull’individualismo più che sulla condivisione solidale.
Oggi come ai tempi degli antichi profeti il grido dei poveri non cessa di levarsi per implorare giustizia e pace.
Tutti possiamo collaborare a edificare un mondo più pacifico: a partire dal proprio cuore e dalle relazioni in famiglia, nella società e con l’ambiente, fino ai rapporti fra i popoli e fra gli Stati.
Tre le vie per la costruzione di una pace duratura:
1. il dialogo tra le generazioni, quale base per la realizzazione di progetti condivisi.
2. l’educazione, come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo
3. il lavoro per una piena realizzazione della dignità umana.
Si tratta di tre elementi, imprescindibili, per «dare vita ad un patto sociale, senza il quale ogni progetto di pace si rivela inconsistente.
La crisi sanitaria ha amplificato il senso di solitudine e il ripiegarsi su sé stessi, alle solitudini degli anziani si accompagna nei giovani il senso di impotenza e la mancanza di un’idea condivisa di futuro, durante la pandemia abbiamo riscontrato testimonianze di compassione, di condivisione, di solidarietà.
Le crisi contemporanee rivelano l’urgenza dell’alleanza tra generazioni,con da un lato, i giovani hanno bisogno dell’esperienza esistenziale, sapienziale e spirituale degli anziani; dall’altro, gli anziani necessitano del sostegno, dell’affetto, della creatività e del dinamismo dei giovani.
La crisi ci indica nell’incontro e nel dialogo fra generazioni la forza motrice di una politica sana, che non si accontenta di amministrare l’esistente con rattoppi o soluzioni veloci, ma che si offre come forma eminente di amore per l’altro, nella ricerca di progetti condivisi e sostenibili.
Occorre praticare il dialogo intergenerazionale per alimentare entusiasmo, far germogliare sogni, suscitare profezie, far fiorire speranze, in questo modo, uniti, si imparerà gli uni dagli altri.
Negli ultimi anni a livello mondiale è sensibilmente diminuito, il bilancio per l’istruzione e l’educazione, considerate spese piuttosto che investimenti, mentre le spese militari sono aumentate, superando il livello registrato al termine della “guerra fredda”, e sembrano destinate a crescere in modo esorbitante.
I governanti che hanno responsabilità di governo devono elaborare politiche economiche che prevedano un’inversione nel rapporto tra investimenti pubblici in educazione e fondi destinati agli armamenti.
È necessario avviare un nuovo paradigma culturale, attraverso «un patto educativo globale per e con le giovani generazioni, che impegni famiglie, comunità, scuole, università, istituzioni, religioni, governanti, umanità intera, nel formare persone mature.
La pandemia da Covid ha aggravato la situazione del mondo del lavoro, che stava già affrontando molteplici sfide, milioni di attività economiche e produttive sono fallite; i lavoratori precari sono sempre più vulnerabili, molti di coloro che svolgono servizi essenziali sono ancor più nascosti alla coscienza pubblica e politica; l’istruzione a distanza ha in molti casi generato una regressione nell’apprendimento e nei percorsi scolastici, inoltre, i giovani che si affacciano al mercato professionale e gli adulti caduti nella disoccupazione affrontano oggi prospettive drammatiche.
La crisi dell’economia che coinvolge i lavoratori migranti, è stata devastante, molti di loro non sono riconosciuti dalle leggi nazionali, come se non esistessero; vivono in condizioni molto precarie per sé e per le loro famiglie, esposti a varie forme di schiavitù e privi di un sistema di welfare che li protegga, a ciò si aggiunge che solo un terzo della popolazione mondiale in età lavorativa gode di un sistema di protezione sociale, o può usufruirne solo in forme limitate.
In molti Paesi crescono la violenza e la criminalità organizzata, viene soffocata la libertà e la dignità delle persone, si avvelena l’economia e si impedisce che si sviluppi il bene comune, questa situazione non può che passare attraverso un ampliamento delle opportunità di lavoro dignitoso.
Il lavoro è la base su cui costruire la giustizia e la solidarietà in ogni comunità, per questo, «non si deve cercare di sostituire sempre più il lavoro umano con il progresso tecnologico: così facendo l’umanità danneggerebbe sé stessa.
Il lavoro è una necessità, è parte del senso della vita, via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale» serve unire le idee e gli sforzi per creare le condizioni e inventare soluzioni, affinché ogni essere umano in età lavorativa abbia la possibilità, con il proprio lavoro, di contribuire alla vita della famiglia e della società.
È urgente promuovere in tutto il mondo condizioni lavorative decenti e dignitose, orientate al bene comune e alla salvaguardia del creato, occorre assicurare e sostenere la libertà delle iniziative imprenditoriali e, nello stesso tempo, far crescere una rinnovata responsabilità sociale, perché il profitto non sia l’unico criterio-guida.
Stimolare, accogliere e sostenere le iniziative che, a tutti i livelli, sollecitano le imprese al rispetto dei diritti umani fondamentali di lavoratrici e lavoratori, sensibilizzando in tal senso non solo le istituzioni, ma anche i consumatori, la società civile e le realtà imprenditoriali.
La politica è chiamata a svolgere un ruolo attivo, promuovendo un giusto equilibrio tra libertà economica e giustizia sociale.
L’appello che mi sentirei di fare ai governanti e a quanti hanno responsabilità politiche e sociali, di camminare su tre strade: il dialogo tra le generazioni, l’educazione e il lavoro.
Garantire l’istruzione, la sicurezza e la tutela dei diritti, per fornire le cure mediche, per agevolare l’incontro tra familiari e ammalati, per garantire sostegno economico alle persone indigenti o che hanno perso il lavoro.
Alfredo Magnifico