(Adnkronos) – Sull'influenza prevale l'autenticità. Parola di Mambo, la prima content factory italiana nata all’interno del Gruppo OneDay, con un roster di 200 talent tra Italia e Spagna, che forma giovani creator e li supporta nella loro professionalizzazione, creando eventi di networking e accompagnandoli nella gestione non solo degli aspetti più burocratici, ma anche nella costruzione graduale del proprio successo. “Spesso – commenta Tommaso Ricci, managing director di Mambo – per velocità e semplificazione influencer e creator vengono utilizzati come sinonimi, mentre nella loro forma più pura identificano due professioni digitali ben distinte, pur con qualche area di sovrapposizione. Ciò che li accomuna è sicuramente la capacità di produrre contenuti digitali all’interno di piattaforme social e di intrattenimento, la possibilità di parlare a community molto popolate di utenti fidelizzati e l’abilità di contestualizzare all’interno della loro creatività il racconto di un prodotto o di un servizio in collaborazione con un brand. Tuttavia, da un lato c’è l’intento di influenzare verso il proprio personaggio, dall’altro di trasmettere un messaggio autentico e di vicinanza alle persone”. Infatti, rileva il team di Mambo, ci sono alcune importanti differenze tra queste due figure che hanno obiettivi, specificità e modalità di lavoro differenti tra di loro. L'influencer, da un lato, ha costruito popolarità e consenso sulla base di uno storytelling incentrato sul proprio stile di vita, su esperienze esclusive, su scelte di prodotti e brand che contribuiscono alla costruzione di un ideale e di un personaggio con un posizionamento ben studiato e riconoscibile. Il follower aspira quindi a identificarsi con le caratteristiche di quel personaggio e ne emula comportamenti e scelte (da qui la capacità di influenzare i comportamenti d’acquisto). Il creator, d’altro canto, è riconosciuto per l’autenticità del tone of voice e la qualità dei contenuti che produce, siano essi di intrattenimento o di utilità, nei quali racconta situazioni di vita reale e 'relatable', ovvero 'familiare'. Questa figura professionale impiega il linguaggio della verità e della prossimità alla community, perciò il follower qui non si identifica con il personaggio ma con la persona, empatizza con la sua capacità di veicolare in modo semplice e onesto una situazione, un prodotto o un servizio, uscendo dagli schemi della comunicazione tradizionale. Quando sussiste una collaborazione con un brand, pertanto, il prodotto non viene percepito come 'product placement' o interruzione pubblicitaria, bensì come un’occasione per fruire di un contenuto utile o divertente. “Questo tipo di distinzione – spiega – è sempre esistita ma nel tempo si è andata man mano definendo e oggi è ancora più urgente fare chiarezza per un tema di educazione e di trasparenza nei confronti del pubblico. Quello a cui abbiamo assistito nelle scorse settimane farà da spartiacque a un nuovo modo di approcciare questo mestiere, a prescindere dall’ampiezza della propria fanbase: è un tema di responsabilità, che noi cerchiamo di trasmettere ai piccoli creator che si affidano a Mambo per imparare a destreggiarsi in questo mondo e fare il loro lavoro nel modo migliore possibile per sé, per i brand che li ingaggiano e per il pubblico che li segue. La nostra previsione è che in futuro il focus sarà sempre più sui creator, proprio per la loro capacità di arrivare al pubblico con autenticità, di essere gli uni diversi dagli altri e di conoscere a fondo il consumatore al quale si stanno rivolgendo”. —lavoro/professionistiwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Influencer e creator? Non sono sinonimi, sull’influenza prevale l’autenticità
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