Si può decidere di celebrare il numero più alto di occupati affermando che «da quando Giuseppe Garibaldi ha unificato l’Italia», come ha fatto la Premier Giorgia Meloni, o si può decidere di capire perché una grossa parte del mercato è ferma, non funziona, si barcamena ancora tra i problemi di sempre, non si rinnovano i contratti, ci sono lavoratori poveri e senza diritti, crescono i morti sul lavoro.
Ad agosto, ”da quel che ci viene strombazzato”, gli occupati sono cresciuti, toccando nuovi record, ma in un anno ci sono 106 mila inattivi in più, un enorme buco che continua a crescere e che non si può ignorare, così come cresce l’inattività, soprattutto, tra donne e giovani, nonostante si continui a celebrare i record occupazionali, ma le dichiarazioni trionfalistiche non bastano più.
Gli inattivi sono quelli che non hanno un lavoro e non lo cercano, al contrario i disoccupati non lavorano, ma lo cercano, quando la disoccupazione scende, può accadere per due motivi: perché le persone hanno trovato un lavoro o perché hanno smesso di cercarlo, passando quindi tra gli inattivi, questi sono chiamati anche “scoraggiati” o NEET, che non fanno parte della forza lavoro “attiva” del Paese.
Gli ultimi dati dicono che; il tasso di occupazione è al 62,36%, il più alto da quando esistono le serie storiche, ma il più basso d’Europa, il tasso di disoccupazione è sceso al 6,2% ma il tasso di inattività è salito al 33,4%, al secondo posto in Europa.
Gli inattivi crescono, soprattutto,tra i più giovani, dove si contano oltre tre milioni di Neet, disoccupati under 29 che non studiano, non hanno un lavoro e hanno smesso di cercarlo, in un anno, infatti, tra gli under 35 gli inattivi in più sono 166 mila, di cui 74 mila tra i 25 e i 34 anni, cioè nella fase della vita in cui si entra nel mercato del lavoro dopo gli studi, a fronte di soli 59 mila occupati in più.
L’invecchiamento della popolazione sta incidendo sulla composizione del mercato, al netto della componente demografica, l’Istat certifica che l’inattività cresce molto sotto i trentacinque anni, con un +2,9%.
Le donne che lavorano sono il 53,5%, la più bassa d’Europa, la disoccupazione femminile, viene raccontata che sia ai minimi al 6,6%,ma, il tasso di inattività è al 42,3%, dei 106 mila inattivi in più in un anno, 92 mila sono donne, tra aprile e agosto 2024 si contano 120 mila disoccupate in meno e 117mila inattive in più, a fronte di una crescita occupazionale di sole 50mila.
Nessuna economia sviluppata ha un tasso così alto di inattivi, questo dipende anche dai meccanismi fiscali italiani che «incentivano a evitare il lavoro, siamo al punto che «Meno redditi dichiari e maggiori sono le assistenze e i bonus di Stato».
Una famiglia con un Isee basso trova conveniente non cercare un lavoro in più in casa perché dichiarandolo perde benefici anche di mille euro al mese, quindi si rinuncia al lavoro, e molto spesso farlo sono le donne, tra il 2018 e il 2023 la quota di donne che hanno scelto di non lavorare per motivi di carattere familiare è salita a oltre 2,6 milioni.
L’effetto di tutto questo è l’aumento del debito causato da decontribuzioni e agevolazioni che drogano un mercato che vivacchia senza investire e con scarsa produttività.
Non basta celebrare i record e dire che va tutto bene, introducendo agevolazioni alle assunzioni per aziende che avrebbero comunque assunto, come non basta eliminare il reddito di cittadinanza e dire che le politiche attive e la formazione funzionano perché tutto funzioni, l’aumento degli inattivi o degli espulsi dal mercato del lavoro che non riescono a rientrare sono lì a ricordarcelo.
Alfredo Magnifico