L’Istat rileva che, in Italia, il tasso di occupazione resta inferiore alla media europea anche tra i laureati: 80,8% tra i 25 e i 64 anni contro 85,5% dell’Ue 27, tra i diplomati il tasso è a 70,5% contro 75,7%, il divario si amplia tra; giovani generazioni, livelli di istruzione, chi è appena uscito dal percorso formativo, chi si trova nella fase di primo ingresso nel mercato del lavoro.
Il tasso di occupazione dei 30-34enni laureati è al 78,3% contro l’86,5% della media Ue27 , dei 18-24enni che abbandonano precocemente gli studi è al 33,2%, contro il 49,3% che lasciano gli studi dopo il diploma, mentre,è al 23,3% la quota di Neet tra i giovani 15-29enni: il 62,5% è senza esperienze di lavoro.
Nel 2020, il tasso di occupazione della popolazione laureata tra i 25 e i 64 anni registra una riduzione di 0,8 punti, attestandosi al 65,6%.
L’impatto del Covid-19 è stato più marcato per chi ha un basso livello di istruzione: il tasso di occupazione è sceso di; 1,1 punti per chi ha solo un titolo secondario inferiore, di 0,9 punti tra chi ha raggiunto il diploma e di 0,6 punti tra i laureati ,nel 2020,si registra una maggiore probabilità di essere occupati al crescere del titolo di studio conseguito.
Coloro che hanno un titolo secondario superiore Il tasso di occupazione è 18,8 punti più alto rispetto a quello di chi ha un titolo secondario inferiore (70,5% e 51,7%) ,per chi ha un titolo terziario supera di 10,3 punti quello osservato per i diplomati (80,8% e 70,5%).
Dal 2008 a oggi, il vantaggio occupazionale della laurea rispetto al diploma è cresciuto, mentre quello dei diplomati rispetto a coloro che hanno un titolo di studio più basso è diminuito; a ciò’ ha contribuito la dinamica dei diplomati che, rispetto agli altri, hanno registrato una perdita di posti di lavoro più forte durante la crisi iniziata nel 2008 con la successiva ripresa decisamente più debole.
Il tasso di occupazione dei laureati, residenti in Italia, è di 5 punti più basso di quello medio europeo (80,8% contro 85,5%): la differenza si riduce al crescere dell’età e si annulla nelle classi di età più mature, dai 50 anni in su.
I Neet si attestano al 23,3%, che nel 2020, la percentuale di chi ne studia ne lavora dei 15-29enni cresce di +1,1 punti dopo il calo registrato dal 2014, attestandosi al 23,3% (2 milioni e 100mila giovani).
L’Italia continua a registrare la più alta quota di Neet nella Ue27, decisamente più elevata di quella osservata in Spagna (17,3%), Francia (14,0%) e Germania (8,6%).
L’incidenza dei Neet tra chi ha un titolo di studio secondario inferiore (63%) risulta molto più elevata di quella calcolata tra chi ha un titolo secondario superiore (42,9%), la pandemia Covid-19 e le limitazioni a spostamenti e attività hanno portato a una riduzione della quota dei Neet alla ricerca attiva di lavoro, scesa al 32,8% (-4,0 punti).
L’inattività è massima tra le donne, con responsabilità familiari di cura e assistenza a bambini o adulti non autosufficienti o con basso titolo di studio, si riduce se le giovani donne possiedono un titolo di studio medio-alto.
L’inattività è minima tra i Neet del Mezzogiorno, il 72,3% (58,0% nel Nord e 63,8% nel Centro) si dichiara interessato al lavoro (disoccupati o forze di lavoro potenziali), a indicare che in quest’area del paese le minori opportunità lavorative pesano di più sulla condizione di Neet.
La quota di inattivi tra i giovani con al più un titolo secondario inferiore è pari al 41,4% mentre scende di oltre 10 punti tra i Neet con medio-alto livello di istruzione. Infine, la maggiore inattività dei Neet stranieri rispetto agli italiani deriva dalla forte differenza della componente femminile.
Nel 2020, i
Il tasso di occupazione tra i 25 /64enni, laureate nelle aree umanistica e dei servizi, è pari al 75,2%, in quelle socio-economica e giuridica sale all’80,1%, 84,5% per gli ambiti scientifico e tecnologico, le cosiddette lauree Stem, e raggiunge il massimo valore per le lauree nell’area medico-sanitaria e farmaceutica 86,4%.
Le differenze si accentuano per le donne,è particolarmente ampio nelle discipline socio-economiche e giuridiche e in quelle tecnico-scientifiche (Stem), con un tasso di occupazione che è 10 punti inferiore a quello maschile.
La forte differenza di genere nel tasso di occupazione delle lauree Stem non deriva, solo dalla sotto rappresentazione femminile nelle aree disciplinari Stem a maggiore occupabilità’, come nel caso delle laureate Stem in informatica, ingegneria e architettura (pari a una su due contro ben quattro laureati Stem su cinque); un forte divario si osserva anche a parità’ di macro area Stem, “scienze e matematica” e “informatica, ingegneria e architettura”
Alfredo Magnifico