In Italia i giovani sono Neet in Europa trovano lavoro e vengono pagati bene

Lo studio “Insieme per un futuro sostenibile: giovani e lavoro” ha confrontato la situazione italiana con altri Stati, ha mappato la condizione dei giovani in sette Paesi rappresentativi del settanta per cento del Pil dell’Europa, Francia, Germania, Italia, Olanda, Polonia, Spagna, Svezia, più il Regno Unito, ha analizzato la situazione demografica, il rapporto tra scuola e lavoro, la percentuale di Neet e il mercato del lavoro, viene fuori che l’Italia con  Spagna e Polonia, è quella che finisce sempre in fondo alla classifica.In Italia e Spagna la situazione dei giovani appare più critica, con un significativo processo di “degiovanimento”, elevati tassi di abbandono scolastico, limitati programmi educativi collegati al mondo del lavoro, percentuali più alte di Neet di lungo termine, minori tassi di occupazione giovanile, dove si riscontrano i più alti livelli di lavoro nero (peggio solo la Polonia), un’elevata diffusione di part-time involontario, contratti a termine che non vengono stabilizzati, salari bassi e una percentuale più elevata di lavoratori dipendenti a rischio di povertà.I ragazzi italiani, tra i quindici e i trentaquattro anni, non solo sono sempre meno, ma il 21% finisce nel baratro dei Neet, chi trova un’occupazione si barcamena tra contratti a singhiozzo, promesse di stabilizzazione e stipendi lontani da quelli che avevano i genitori alla loro età, mentre i coetanei olandesi, svedesi e tedeschi appaiono molto, molto più avanti.I giovani italiani sono i meno soddisfatti della loro situazione lavorativa e finanziaria e tendono a rimanere nella famiglia di origine molto più a lungo dei loro coetanei europei, in alternativa a emigrare all’estero.Regno Unito, Svezia e Paesi Bassi spendono di più in istruzione superiore e hanno una ridotta incidenza di giovani che non studiano e non lavorano, qui vi sono meno Neet tra i quindici e i trentaquattro anni (5,4% e 5,8%), con i più alti livelli di occupazione, 88,3% e 86,1% contro il 71,1% e i più bassi livelli di inattività nella fascia 30-34 anni.Germania e Paesi Bassi ottengono i migliori risultati in termini di transizione scuola-lavoro e hanno il minor numero di Neet nella fascia d’età 18-24 anni,in Italia la formazione professionale avviene nelle scuole, senza il coinvolgimento delle aziende, il che porta al disallineamento con le competenze richieste dalle imprese.I Paesi Bassi vantano il più alto tasso di occupazione giovanile e i più bassi tassi di inattività giovanile, (Neet e rischio povertà lavorativa) e i rapporti, nella stragrande maggioranza si trasformano in contratti a tempo indeterminato entro tre anni.In Svezia, Germania, Spagna e Paesi Bassi i giovani al di sotto dei trent’anni hanno un salario orario più elevato, non a caso, sono quelli che esprimono i più alti livelli di soddisfazione lavorativa, anche grazie a solide politiche familiari e a una cultura che promuove l’indipendenza dei giovani dalla loro famiglia di origine fin dalla giovane età, e le persone nella forza lavoro continua ad aumentare. Il tasso di fecondità e il flusso migratorio hanno rafforzato le coorti di persone in età lavorativa e si investe nel facilitare la ricerca di autonomia dei giovani riducendo le disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro.Il governo tedesco ha cambiato paradigma nelle politiche familiari e ad ha attuato politiche di immigrazione, incoraggiato, genitorialità e conciliazione vita-lavoro e integrato gli stranieri, generando impatti positivi su; forza lavoro, aumento del numero di donne in età riproduttiva, formazione di nuove famiglie da parte di immigrati e aumento del tasso di natalità, portando il tasso di fertilità tedesco sopra la media europea.Svezia e Paesi Bassi vantano la più alta percentuale di giovani 15-34 sulla popolazione totale (25,2 per cento) mentre in Germania, con il 22,8 per cento, si attesta sui livelli medi europei.Non è un caso che molti dei giovani italiani, dopo aver studiato, finiscano per emigrare soprattutto in questi Paesi, dove possono vivere e lavorare meglio.Per evitare questa fuga che impoverirebbe ancora di più il Paese, ci sono almeno tre grandi linee d’azione su cui si dovrebbe investire:·        rafforzare la specificità professionale dei percorsi educativicon un vero sistema duale o percorsi professionalizzanti costruiti insieme alle aziende,·        decentrare il nostro sistema scolasticodando alle scuole maggiori autonomie nella costruzione dei percorsi,·        adottare un approccio innovativo ai percorsi di orientamento.

Alfredo Magnifico

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