In Italia è emergenza lavoro

In Italia, il tema del lavoro si intreccia sempre più drammaticamente con due questioni centrali:

-la precarietà salariale; con retribuzioni orarie ai limiti della schiavitù, con contratti nazionali che stabiliscono retribuzioni orarie inferiori ai 5 euro l’ora, “Un valore scandaloso, con contratti non rinnovati, nuovi lavori senza contratti in un contesto economico dove il costo della vita è in costante aumento”.

-l’invecchiamento demografico della forza lavoro, oggi siamo i più vecchi d’Europa, in 10 anni perderemo oltre due milioni di lavoratori per mancanza di un ricambio generazionale.

Una combinazione esplosiva che tende a mettere a rischio la sostenibilità economica e sociale del Paese.

Gli spazi di manovra sono pochi tra crollo della produttività, stagnazione economica e aumento del costo della vita.

Cercare un punto di incontro sul “salario giusto” è uno dei nodi che tutti, sindacati-politica e parti datoriali con molta umiltà e spirito di coesione devono trovare.

Il rapporto “Demografia e forza lavoro” del Cnel ha evidenziato una crisi, altrettanto, grave: nei prossimi dieci anni, l’Italia rischia di perdere 2,5 milioni di lavoratori per effetto dell’invecchiamento della popolazione.

Il Paese è già entrato dal 2014 in una fase di declino demografico, che ora si riflette sulla popolazione in età lavorativa, infatti, tra i 25 e i 34 anni sono quasi un milione in meno i lavoratori rispetto alla fascia 55-64, il dato colloca l’Italia al vertice degli squilibri generazionali in Europa.

Non solo ci saranno meno lavoratori giovani, ma anche quelli presenti saranno sempre più demotivati o pronti a emigrare verso altri paesi europei, dove le opportunità e le condizioni di lavoro sono migliori.

Servirebbe:

-investire nella preparazione dei giovani e garantire un aggiornamento costante delle competenze professionali.

-rendere compatibili i tempi del lavoro con quelli della vita personale e delle responsabilità familiari.

-promuovere una collaborazione positiva tra giovani e lavoratori maturi, valorizzando l’esperienza e l’innovazione.

Se non si inverte la rotta ci troveremo con sempre meno giovani disponibili e motivati a lavorare nel nostro Paese, cosa che indebolirà ulteriormente l’economia e ridurrà la nostra competitività sullo scenario globale.

Emerge la necessità di un intervento immediato: perché non c’è crescita senza equità, e non c’è futuro senza una nuova generazione pronta a credere nel proprio Paese.

Alfredo Magnifico

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