Il 6° Rapporto Censis-Eudaimon fotografa un mercato del lavoro, con un forte conflitto generazionale e di genere, dove tra chi lavora; il 21,3% è occupato con forme contrattuali non a tempo indeterminato (tempo determinato, part-time, collaborazioni),il fenomeno riguarda soprattutto le donne (27,9% rispetto al 16,5% degli uomini) e i giovani 15-34enni (39,3% in media e il 46,3% coinvolge le donne).
Il mercato del lavoro si rivela sempre più squilibrato, tendono a contrarsi i giovani e la fascia d’età centrale, a favore degli anziani il cui peso è in progressiva crescita.
Nel decennio 2012-2022 gli occupati della fascia d’età 15-34 anni sono diminuiti del 7,6%, quelli tra 35-49 anni sono calati del 14,8%, mentre i 50-64enni sono aumentati del 40,8% e quelli con 65 anni e oltre del 68,9%.
Con le attuali tendenze demografiche questo fenomeno tenderà ad acuirsi nel tempo: nel 2040 si prevede che le forze lavoro saranno complessivamente diminuite dell’1,6%.
È diffuso il part-time involontario che coinvolge il 10,3% dei lavoratori, ma penalizza più le donne (il 16,7% rispetto al 5,7% degli uomini) e i giovani (il 13,9% dei 15-34enni).
Tra gli occupati giovani, la percentuale del part-time involontario raggiunge il 20,9% tra le giovani donne contro il 9% tra i maschi.
Cresce il numero di occupati che si dimettono per cercare un posto migliore, il fenomeno delle “grandi dimissioni” nei primi nove mesi del 2022 ha interessato, ogni giorno in media, 8.500 lavoratori, il 30,1% in più rispetto allo stesso periodo del 2019, periodo pre-pandemia. È un segnale di dinamismo considerando che nello stesso arco temporale, ogni giorno in media 49.500 italiani hanno iniziato un nuovo lavoro, il 6,2% in più rispetto al 2019.
Il 46,7% degli occupati italiani lascerebbe l’attuale lavoro, la percentuale raggiunge il 50,4% dei giovani e il 45,8% degli adulti, il 58,6% degli operai, il 41,6% degli impiegati e solo il 26,9% dei dirigenti.
Le motivazioni? Per il 65% degli occupati le opportunità di avanzamento professionale sono insufficienti, il 44,2% considera lo stipendio non adeguato alle proprie esigenze (il 53% tra i giovani), il 42,6% teme di potersi
ritrovare disoccupato nel prossimo futuro (51,6% tra gli addetti delle piccole imprese.
Il calo dei giovani occupati, è un dato preoccupante, si parla troppo poco di lavoro e quando si parla di lavoro, è lavoro precario, e così i giovani vanno verso lidi migliori a cercare fortuna..
Bisogna intervenire, sul Lavoro precario, sul lavoro povero, al di là del colore delle bandiere che sventolano su palazzo Chigi ogni governo che si è succeduto negli ultimi trent’anni ha lavorato a picconare e sgretolare quelle piccole certezze che facevano amare il lavoro, per dirigere la massa verso lidi meno fruttuosi e più costosi per la comunità.
Alfredo Magnifico
Segretario generale
Confintesa Smart