Con sentenza n. 172 del 8 gennaio 2014, la Cassazione ha affermato che in caso di mobbing, l’accertamento del danno alla professionalità non può essere considerato nel semplice demansionamento, essendo onere del dipendente provare tale danno dimostrando,un ostacolo alla progressione di carriera. La Cassazione intervenendo in tema di mobbing ha affermato che , l’accertamento del danno alla salute del dipendente non comporta necessariamente anche il riconoscimento del danno alla professionalità. Infatti il danno alla professionalità non può essere considerato nel semplice demansionamento, ma è onere del dipendente provare tale danno, dimostrando,un ostacolo alla progressione di carriera.
La vicenda ha riguardato un dipendente il quale ritenendo di essere stato oggetto ad attività di mobbing si rivolgeva al Tribunale, in veste di giudice del lavoro, che accoglieva la tesi del ricorrente condannando il convenuto. Avverso la sentenza del giudice si impugnava la stessa innanzi alla Corte di Appello che riformava parzialmente la pronuncia del Tribunale stabilendo un importo per danno da mobbing inferiore a quando stabilito dal Tribunale.
In particolare i giudici territoriali hanno ritenuto provato il danno subito dal lavoratore a causa della condotta mobizzante posta in essere che si concretizzava in provvedimenti disciplinari e trasferimenti dichiarati illegittimi. La Corte di Cassazione ha escluso il danno alla professionalità ritenendolo non provato nemmeno presuntivamente.Inoltre per i giudici della Cassazione considerano che il danno professionale non può essere considerato, in re ipsa, nel semplice demansionamento, essendo onere del dipendente provare tale danno.