In 15 anni tolti 500 miliardi alla crescita dell’occupazione

L’ invecchiamento della popolazione comporta seri problemi alla rigenerazione della popolazione attiva, sui giovani ricade il carico della crescita delle persone anziane e della sostenibilità della spesa pensionistica e sociosanitaria.

Il costo delle mancate riforme del welfare e delle politiche del lavoro degli scorsi anni si sta rivelando pesante e chiede un cambio di passo.

La spesa sociale, equivale al 33% del Pil (due punti oltre la media europea) per prestazioni pensionistiche e sostegni al reddito, inferiori alla media europea sono le spese per la sanità (6,3% rispetto al 7,7%) e l’istruzione (4,6% rispetto al 5,2%).

La Banca d’Italia attesta che gli oneri per i pensionamenti anticipati e per i sostegni al reddito delle persone e delle famiglie, sono aumentati da 74 miliardi di euro annuo del 2008 a 170 miliardi del 2023, risorse utilizzate non per incentivare la crescita dell’economia e dell’occupazione, ma per aumentare il sostegno alle persone fragili.

I 4 punti di Pil sottratti alla spesa socio assistenziale e istruzione, moltiplicati per 15 anni equivalgono ad un costo complessivo di oltre 500 miliardi di euro.

In tutta Europa l’occupazione, di donne, giovani, laureati, e lavoratori stabili, con buone retribuzioni, è cresciuta, in Italia si registra un calo di circa 10 punti, equivalenti a 3,6 milioni di occupati, tra cui il mancato turnover nella Pubblica amministrazione.

L’invecchiamento della popolazione comporta la crescita della spesa pensionistica e assistenziale, inoltre, con la riduzione della popolazione in età da lavoro (stime Banca d’Italia) il 90% della spesa sociale risulta sostanzialmente incomprimibile e la riduzione demografica della popolazione in età di lavoro, -5 milioni entro il 2040, potrebbe comportare una perdita del 13% del Pil.

Il recupero di occupazione sul 2008 è avvenuto nel settore terziario, ma con drastica diminuzione di produttività, con un blocco, anzi, decrescita salariale e lavorative di giovani e donne e con perdita di capacità attrattive verso il nostro mercato del lavoro.

L’impiego di risorse pubbliche per il sostegno ai redditi  bassi, compresi i salari, ha consentito di contenere l’indice delle disuguaglianze, ma non è riuscito a evitare l’aumento del numero dei lavoratori poveri.

Le risorse del Pnrr rimangono ancora disponibili per favorire una parziale crescita di investimenti pubblici e compensare il taglio della spesa corrente.

Servirebbe un cambio di passo nell’utilizzo delle risorse disponibili:

·        ridurre di almeno due punti l’incidenza sul Pil dell’attuale spesa assistenziale a carico dello Stato;

·        destinare i risparmi allo sviluppo dei servizi sociosanitari e di quelli dedicati alla cura delle persone non autosufficienti;

·        aumentare il tasso di utilizzo delle tecnologie digitali e gli investimenti formativi sulle competenze dei lavoratori che rappresentano la condizione indispensabile per il loro impiego;

·        modernizzare i servizi della Pubblica amministrazione che possono costituire un volano importante per diffondere le innovazioni e migliorare la qualità dei servizi;

·        rendere ordinari i percorsi di alternanza scuola-lavoro; riformare il sistema di contrattazione per ristabilire una diretta relazione tra la crescita della produttività e quella dei salari.

La ricetta è semplice, a volte, è il cuoco che rovina la pietanza.

Alfredo Magnifico

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