In 10 anni perse 165 mila imprese

Secondo la Cgia di Mestre continua l’emorragia delle imprese artigiane ed è dovuta alla caduta dei consumi, alla loro lenta ripresa, all’aumento della pressione fiscale e all’esplosione del costo degli affitti; cause che hanno spinto fuori mercato molte attività, inoltre, l’avvento delle nuove tecnologie e delle produzioni in serie hanno relegato in posizioni di marginalità molte professioni caratterizzate da un’elevata capacità manuale.


Se nell’ultimo anno,2018 su 2017, le imprese artigiane sono scese di oltre 16.300 unità (-1,2%), negli ultimi 10 anni la contrazione è stata pesantissima: -165.500 attività (-11,3%),una caduta costante e continuo durante tutto l’arco temporale analizzato (2018-2009), al 31 dicembre scorso il numero delle imprese artigiane attive in Italia si è attestato poco sopra 1.300.000 unità, di queste, il 37,7% nell’edilizia, il 33,2% nei servizi, il 22,9% nel settore produttivo e il 6,2% nei trasporti.


Sono 25 le attività ormai rare; trovare un calzolaio, una ricamatrice, un guantaio o uno scalpellino in città è sempre più difficile, così il casaro, il cocciaio, il cordaio, il norcino, il materassaio, il maniscalco, il sellaio, mentre alcune attività sono ormai davvero così rare che non tutti le conoscono: è il caso del Castrino, figura artigianale tipica del mondo mezzadrile con il compito di castrare gli animali, che, noi bimbi degli anni sessanta dello scorso secolo ricordiamo bene, quando in giro per il paese sentivamo è arrivato il castraporcelli, oppure lo scoppetaio (produttore di spazzole e scope, artigianali), diventano sempre più difficili da trovare anche, barbieri, fotografi, corniciai, rilegatori di libri, mugnaio (inteso come macinatore di grano e granaglie), sarto e seggiolaio.


Queste chiusure hanno causato oltre che un danno economico anche un aspetto sociale molto preoccupante, infatti, quando chiude definitivamente la saracinesca una bottega artigiana, si perdono conoscenze e cultura del lavoro, difficilmente recuperabili, inoltre la qualità della vita di quel quartiere peggiora notevolmente, c’è meno sicurezza, più degrado e il rischio di un concreto impoverimento del tessuto sociale.
A livello territoriale il Mezzogiorno è l’area dove la caduta è stata maggiore, tra il 2009 e il 2018 in Sardegna la diminuzione del numero di imprese artigiane attive è stata del 18% (-7.664), seguono l’Abruzzo con il 17,2% (-6.220), l’Umbria, con -15,3% (-3.733), la Basilicata con il 15,1% (-1.808) e la Sicilia, con il -15,1%, che ha perso 12.747 attività.


Alfredo Magnifico

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