La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 9007/2012, riformò la sentenza di segno contrario del Tribunale Roma, accogliendo la domanda con cui diversi dipendenti Sodexo Italia s.p.a., avevano chiesto che fossero riconosciuti come facenti parte dell’orario retribuito i tempi necessari alla vestizione e svestizione degli abiti necessari alla prestazione di lavoro quali addetti alle mense R.A.I.
La Corte valorizzava l’obbligatorietà della vestizione degli indumenti da lavoro, l’impossibilità di indossarli e dismetterli a casa, l’esistenza a tal fine di uno spogliatoio, da considerare ambiente di lavoro, e di armadi necessariamente sotto il controllo datoriale, anche dal punto di vista della sicurezza, ritenendoli elementi che inducevano a ritenere che i relativi tempi fossero da considerare come di lavoro effettivo.
La Corte escludeva che potesse indurre a diverse conclusioni il fatto che la normativa contrattuale non contemplasse la computabilità dei tempi di vestizione nell’orario di lavoro, trattandosi di omissione che non poteva pregiudicare i diritti soggettivi dei lavoratori.
La Sodexo propose ricorso per cassazione affidandosi ad un unico complesso motivo, cui hanno resistito i lavoratori con controricorso.
La Corte rigettava il ricorso e condannava la ricorrente a rifondere ai controricorrenti le spese del giudizio di legittimità.
Il pronunciamento della Cassazione sul tempo impiegato dai lavoratori per indossare la divisa aziendale è importante,in quanto l’argomento pur essendo già stato oggetto di molte sentenze favorevoli, questa è una novità assoluta,poichè è una delle prime riferita al settore della Ristorazione Collettiva.
Nel merito, i giudici confermano l’orientamento secondo il quale la divisa, se caratterizzata da elementi che condizionano la libertà di vestizione del lavoratore, e siano vincolati al rispetto di norme igienico-sanitarie, va indossata in coincidenza con l’inizio dell’attività lavorativa. Quindi l’attività di indossare la divisa rientra nel normale orario di lavoro da retribuirsi. La sentenza è la 9417/2018
Alfredo Magnifico