La fotografia del Mezzogiorno d’Italia che lo Svimez scatta nel suo rapporto presentato oggi prospetta un’immagine impietosa. Torna a crescere il pil, per la prima volta positivo nel 2015 dopo sette anni, ma ci sono sempre più poveri al Sud : il 62% guadagna al massimo il 40% del reddito medio. Una povertà che nei sette anni di crisi, dal 2008 al 2014, ha legato Nord e Sud ma nel Mezzogiorno ha raddoppiato le sue percentuali. Per effetto della recessione, la povertà assoluta ha superato complessivamente, nel biennio 2013-2014, i 4 milioni di persone.
Ma se al Centro Nord si è passati dal 2,7% del 2008 al 5,6% del 2013 nel Sud le percentuali hanno oscillato dal 5,2 del 2008 % al 10,6 del 2013. Solo nel 2014 la povertà assoluta ha smesso di crescere nel Centro-Nord ed è leggermente diminuita nel Mezzogiorno, “verosimilmente per l’erogazione del bonus di 80 euro mensili”, se nel 2013 al Centro-Nord si è trovato esposto al rischio di povertà 1 persona su 10, al Sud il dato invece è di 1 persona su 3.
A livello regionale, al Sud, la forbice è compresa tra il 16,5% dell’Abruzzo e quasi il 42% della Sicilia dove sono a rischio povertà oltre 4 persone su 10. Nelle altre regioni meridionali, sono a rischio oltre il 30% dei cittadini lucani, molisani e calabresi e il 37% dei campani.
Situazione critica soprattutto per le famiglie con minori, e per quelle giovani, con o senza figli.
Più esposte al rischio le famiglie monoreddito, non basta avere un lavoro per uscire dal rischio povertà.
Altrettanto rilevante è il crollo demografico : nel 2014 sono nati 174mila bambini, il valore più basso dall’Unità d’Italia. Per dare un’idea, nel 1862 nel Mezzogiorno si registravano 391 mila nati (217 mila in più di oggi) a fronte di una popolazione di 9 milioni e 600 mila unità. Nel Centro-Nord nel 1862 nascevano 442 mila bambini (113 mila in più di oggi) a fronte di una popolazione di circa 17 milioni.
Alfredo Magnifico
Il Sud torna a crescere ma aumentano i poveri
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