Innovative sentenze della Cassazione stanno rivoluzionando e destabilizzando il concetto di paga minima, ho la sensazione avendo fatto sindacato per quasi cinquant’anni e preso una laurea in giurisprudenza che da queste sentenze, del comparto sicurezza privata e servizi fiduciari “L’ultima parola spetterà sempre ai magistrati, a prescindere dalla soglia che forse individuerà il parlamento o quella che viene concordata per contratto da sindacati e aziende“
La Corte di Cassazione, ha stabilito che il salario di una guardia giurata da 650 euro è troppo basso per poter rispettare i principi di un giusto salario stabiliti dalla Costituzione, costringendo l’azienda ad aumentarglielo, non è un invito alla politica ad accelerare sull’introduzione di un salario minimo, ma una strigliata a tutte le parti sociali, sindacati e aziende che dovrebbero scrivere contratti collettivi adeguati.
Le sentenze rischiano di avere “effetti destabilizzanti“, dal ruolo della politica fino a quello dei sindacati, che da questa sentenza ne escono malconci e sconquassati.
Per la Cassazione viene prima di tutto l’articolo 36 della Costituzione che afferma: la necessità non di un salario minimo, ma di un salario “proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro”, quindi non ci si può accontentare della contrattazione collettiva, condotta da sindacati e associazioni datoriali, ma nemmeno della legge,se la legge non rispetta i principi costituzionali, è ovvio che la Costituzione prevale sulla legge e allora il giudice interviene.
La Cassazione ha avvertito il legislatore: non potete limitarvi a rimandare alla contrattazione collettiva, ma dovreste fare una legge, altrimenti noi siamo pronti a intervenire.
Se maggioranza e opposizioni parlamentari, o il governo stesso, dovesse approvare una legge sul salario minimo, questa non sarebbe nemmeno così determinante.
Il giudice potrebbe intervenire, caso per caso, per decidere quale sia il salario corretto…la differenza tra salario minimo e salario giusto.
Il salario minimo è una soglia minima, orizzontale, vale per tutti, non è però la retribuzione giusta per il lavoro che stai facendo, anche perché dovremmo immaginare una busta paga uguale per tutti.
La Cassazione, all’interno di questo contesto, interviene per dire: non esiste un salario minimo, esistono tanti salari giusti. in virtù dell’articolo 36 della Costituzione, quanti sono i tipi e le specificità di lavori nella nostra società.
Di fronte a un giudice della Corte di Cassazione che stabilisce a quanto deve ammontare un salario per essere giusto, smentendo il livello fissato dall’azienda, e aumentando gli stipendi a colpi di sentenze, alla fine le imprese cosa faranno: invece che alzare le buste paga, licenzieranno?
La Cassazione, da tanto tempo, ci dice che il salario sotto i minimi della contrattazione collettiva non è un salario giusto, ciò ha portato negli anni alla sostanziale estensione della portata dei contratti collettivi anche nei settori non toccati.
Il sistema dei contratti collettivi si è affermato, anche e soprattutto grazie al sostegno delle imprese, interessate a non farsi concorrenza al ribasso sui lavoratori e dunque desiderose che tutte le imprese applicassero i minimi dei contratti collettivi.
La Cassazione ora arriva a dire che i contratti collettivi non sono abbastanza, questo può arrivare a creare un risultato destabilizzante per il mondo del lavoro, perché le imprese, a questo punto, non possono nemmeno immaginare quale sia la base di riferimento per stabilire un salario se il contratto collettivo di riferimento viene superato da una sentenza.
Qui si aprono scenari che sono difficili da decifrare;il contratto collettivo messo nel mirino dalle toghe, quello della vigilanza privata, non rinnovato per tantissimi anni, è caratterizzato da paghe da fame e il giudice poteva trovare più di una ragione per intervenire e stabilire, con una sentenza, un principio generale e astratto valido per tutti i settori lavorativi: lasciando l’ultima parola al giudice, assume un dato preoccupante, che può ingenerare grande incertezza.
Il sottinteso della sentenza è che i giudici sono consapevoli che, a livello politico, si sta ragionando sull’introduzione di un salario minimo, ma a loro non sta bene, possono sempre contestare, in tribunale, quella soglia.
La Cassazione non sta dicendo alla politica di darsi una mossa a fare una legge, piuttosto è come se l’avvertisse: comunque facciate la legge, se noi giudici dovessimo riscontrare che quel valore che tu indichi come salario minimo non è un salario giusto ai sensi dell’articolo 36 della Costituzione, io lo annullo e applico altri criteri.
Da una sentenza del genere, dove i giudici scrivono che la contrattazione collettiva non è tutto, chi ne esce malconcio sono soprattutto i sindacati, se la contrattazione collettiva non tiene conto dell’inflazione, se non è in grado di reagire tempestivamente, se non è in grado di garantire rinnovi contrattuali tempestivi, allora il sindacato, soprattutto, quello che si arroga la rappresentatività globale, non sta facendo bene il suo lavoro.
Come in amore cosi per fare un contratto collettivo bisogna essere sempre in due, c’è il sindacato ma anche le associazioni datoriali.
Questa sentenza è una bella strigliata alle parti sociali, sindacati e imprese, sembra voglia dire: “dovete mettere a punto contratti collettivi adeguati a garantire retribuzioni costituzionalmente giuste.”
Alfredo Magnifico