La nostra Costituzione affida la regolazione delle dinamiche retributive a due categorie; alla legge, riconoscendo il diritto alla giusta retribuzione, e alla contrattazione collettiva.
Le organizzazioni sindacali, nel definire per via negoziale i trattamenti retributivi, esercitano le prerogative riconosciute dall’articolo 39 della Costituzione, quindi legge e contrattazione collettiva, devono convivere e coesistere.
Una legge solo sul salario minimo non è risolutiva, perché definendo la soglia minima salariale non copre con il suo contenuto tutto il ventaglio dei trattamenti normativi e retributivi graduati per i lavoratori sulla base di inquadramenti definiti da contrattazione collettiva.
L’introduzione del salario Minimo sarebbe una vera rivoluzione, in grado di mettere ordine e semplificare il mondo del lavoro, a beneficiarne sarebbe la parte più bassa della piramide, Rider compresi, sarebbe una svolta per il mondo del lavoro italiano e potrebbe aiutare chi guadagna troppo poco a incassare qualcosa in più, mettendo ordine in un ambiente decisamente ingarbugliato.
La gran parte dei partiti italiani – Movimento 5 Stelle, Lega, Partito democratico e Fratelli d’Italia, almeno sulla carta risultano d’accordo, ma una volta al dunque i buoni propositi si sciolgono come neve al sole.
Inoltre esiste un fenomeno ascrivibile all’associazionismo datoriale, di separatismo e di costituzione ex novo di associazioni datoriali, nonché un’area di contrattazione collettiva antagonista o “pirata” che pur interessando una frazione minoritaria dei lavoratori, dà comunque luogo a delle distorsioni importanti.
Una legge dedicata alla materia salariale che individui i criteri per quantificare il giusto salario di tutti i lavoratori, che introduca dei criteri di selezione del parametro retributivo agganciato a quelli della contrattazione collettiva, pone da una parte, problemi di coerenza e di conformità al contenuto dell’articolo 39 della Costituzione, dall’altro potrebbe essere“ uno strumento ben definito che può aiutare a far salire i minimi effettivi”. non è la bacchetta magica che spazza via il problema della povertà, ma un’accetta in grado di semplificare accordi e calcolo degli stipendi, in un momento in cui anche i sindacati tradizionali firmano contratti a ribasso.
Il CNEL conta 884 contratti collettivi nazionali in vigore e ciascuno ha vincoli e minimi tutti suoi.
Il neo assunto quando comincia a lavorare trova molto difficile sapere qual è il documento che determina la propria busta paga, in Italia i minimi sono fissati dai contratti collettivi, non sono sempre rispettati: infatti è sottopagato il 12% dei lavoratori.
Per risparmiare sul costo dei dipendenti, gli imprenditori utilizzano assunzioni in nero, straordinari non pagati o sotto-inquadramento, il salario minimo potrebbe aiutare a correggere, in parte, queste storture, se affiancato alla giungla di contratti collettivi, diventerebbe un punto di riferimento chiaro e univoco per chi non ha alcuna protezione dalla contrattazione nazionale.
Il valore del salario minimo, legale non dovrebbe essere superiore a quello dei minimi previsti dagli accordi in circolazione.
A conti fatti, sebbene la cifra definitiva dovrebbe essere scelta da una apposita commissione, in Italia potrebbe trattarsi più o meno di 7-8-9 euro, la soglia minima del salario è una decisione politica che dovrebbe essere preceduta da studi e valutazioni estremamente attente sul piano economico.
Si tratta di un cambio di impostazione che non piace a tutti, i sindacati temono di perdere il controllo che al momento hanno su stipendi e regole del gioco.
Chi critica il salario minimo teme che si possa soppiantare la contrattazione collettiva: le imprese sarebbero indotte a uscire dal contratto collettivo nazionale per negoziare al ribasso e in solitaria gli stipendi, la realtà induce a pensare tutto il contrario.
In Germania il salario minimo garantito è stato introdotto nel 2015 e da allora i salari non sono crollati.
Dove i sindacati sono forti i contratti collettivi continuano a essere firmati con livelli di salario più elevati, come dimostra il nuovo accordo dei metalmeccanici tedeschi che ora si beccano un aumento in busta paga del 4,3%.
il salario minimo legale immaginato sarebbe destinato ai lavoratori dipendenti, ma bisogna pensare a come estenderlo anche alle altre categorie.
In Europa il salario minimo legale esiste nel 78% dei paesi, stessa percentuale si riscontra anche tra i membri Ocse. L’Italia è ad essere isolata, non il contrario, nell’Unione si va dai 1.440 euro mensili che vengono garantiti in Germania ai 790 della Slovenia, passando per i 1.501 del Belgio ai 598 del Portogallo e così via per 22 governi su 28.
Nel Regno Unito il salario minimo legale è stato esteso anche per il lavoro a cottimo: i rider che consegnano pasti scorrazzando in bicicletta sono pagati secondo salario minimo.
Il Decreto dignità 87/2018 convertito nella Legge 96/2018 non sembra aver semplificato i percorsi di accesso al mercato del lavoro e di uscita dalla precarizzazione, serve un intervento che vada a “perimetrare” le norme sul lavoro subordinato che devono trovare applicazione anche a collaboratori individuando trattamenti retributivi equiparati a quelli erogati ai lavoratori subordinati, potrebbe avere ricadute positive sul piano sociale i collaboratori e arrecherebbe un importante contributo alla chiarezza del quadro normativo con interventi chiarificatori sul decreto legge 81/2015, uno dei decreti attuativi del Jobs Act che definisce il lavoro etero organizzato e stabilisce che ai rapporti dei collaboratori nei quali vi sia ingerenza rilevante del potere organizzativo del committente si applichino le norme sul rapporto di lavoro subordinato. (art. 2 n.d.r.).
Alfredo Magnifico