L’analisi Istat dei dati della Rilevazione sulle forze di lavoro evidenzia che nel 2017 il ricorso al Centro per l’Impiego viene ritenuto utile solamente dal 2,4%, mentre le persone occupate, che non lo erano nell’anno precedente, hanno utilizzato come canale di ricerca soprattutto il contatto con amici e parenti (40,7%); o direttamente il datore di lavoro (17,4%).
Il reddito di cittadinanza a favore delle famiglie povere, dovrebbe vedere il rafforzamento dei Centri per l’impiego in modo da sollecitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, con la massima efficienza e celerità possibili, attualmente sono scarsamente efficaci.
L’utilizzo dei Centro per l’impiego da parte delle imprese per le assunzioni risulta marginale: una rilevazione (Unioncamere-Ministero del Lavoro) sulla modalità di selezione dimostra che per ricerca e selezione del personale solo l’1,5% delle imprese si è rivolta ad un Centro per l’impiego, affidandosi prevalentemente alla conoscenza diretta (58,9%) e a banche dati aziendali (26,2%).
Secondo un monitoraggio Anpal (2018), sono 2.849.086 i contatti con i Centri per l’impiego negli ultimi 12 mesi, con un rapporto di 359 contatti per operatore, che sale a 465 nel Nord-Est e scende a 315 nel Mezzogiorno.
La quota di operatori dedicati al front office nel Mezzogiorno è dell’82,3%, 2,4 punti percentuali in meno della media del Centro-Nord (84,7%), di questi i laureati son il 34,1% nel Centro-Nord, il 17,4% nel Mezzogiorno.
Un rinnovato servizio pubblico dovrà rendere un servizio a livello avanzato per imprese e lavoratori, gestito con criteri di modernità ed efficienza.
L’Italia spende meno degli altri Paesi UE per servizi del mercato del lavoro, lo 0,04% del PIL, inferiore allo 0,36% della Germania, dello 0,25% della Francia e anche al più contenuto 0,14% della Spagna, incrementare la spesa mantenendo la vecchia organizzazione rischia di rendere inefficace l’intervento sperperare risorse pubbliche.
La richiesta di lavoratori da parte delle imprese è la condizione necessaria per ridurre la disoccupazione,inoltre occorre favorire la neo imprenditorialità e garantire condizioni che riducano la mortalità delle imprese nei primi anni di vita.
L’analisi dei dati, di demografia di impresa, dell’Istat indica le nuove imprese che sopravvivono, a cinque anni dalla nascita hanno raddoppiato gli occupati: l’occupazione delle imprese nate nel 2011 e sopravviventi al 2016 in cinque anni passa dai 149.710 addetti alla nascita ai 302.478 del 2016, con un aumento di 152.768 unità, pari al +102%, mentre le imprese che non sopravvivono perdono 202.603 addetti.
Alfredo Magnifico
Il reddito di cittadinanza a favore delle famiglie povere, dovrebbe vedere il rafforzamento dei Centri per l’impiego
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