Due ricerche, una della fondazione studi dei consulenti del lavoro e l’altra dell’Inps; pubblicate in queste ultime ore dimostrano come le donne siano sempre più tartassate ed emarginate nel mondo del lavoro.
Sembra una fotografia sempre più sfocata quella che vedeva le donne, in prima linea, lottare per una parità che oggi si dimostra sempre più una chimera irraggiungibile.
La Politica e il Sindacato, dopo tante battaglie e tante leggi, sembra, sembra che su quest’argomento abbiano altro da pensare, piuttosto che continuare a sventolare la bandiera della parità dei diritti delle donne.
Il dossier della Fondazione studi dei consulenti del lavoro parla di una grossa diaspora, per covid, delle donne dal mondo del lavoro: tra il secondo trimestre 2019 e lo stesso periodo di quest’anno, infatti, il virus ha fatto sfumare 470.000 posti “rosa”, pertanto, su 100 impieghi persi (in tutto 841.000) in un anno, quelli femminili “rappresentano il 565%” del totale.
Nell’ultimo anno (da giugno 2019 allo stesso mese del 2020), inoltre, nella componente femminile la tendenza ad allontanarsi dal lavoro, rinunciando alla ricerca di un’occupazione, è cresciuta sensibilmente, facendo registrare un incremento di 707.000 donne inattive (+8,5%), soprattutto nelle fasce giovanili.
L’altra ricerca è dell’Inps: che stima, nella Relazione annuale, che le donne con figli hanno in media salari inferiori a quelle che non ne hanno avuti e questa differenza è calcolabile in circa 5,700 euro annui medi.
La ricerca spiega come su questo dato pesi il largo utilizzo del part time e percorsi di carriera che se prima della maternità erano sovrapponibili poi cambiano lasciando coloro che hanno avuto figli con percorsi più accidentati.
A quindici anni dalla maternità, scrive l’Inps, i salari lordi annuali delle madri sono di 5.700 euro inferiori a quelli delle donne senza figli rispetto al periodo antecedente la nascita.
I salari settimanali delle donne che hanno avuto figli rispetto alle lavoratrici che non ne hanno avuti – spiega il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico: «crescono del 6% in meno, le settimane lavorate in meno sono circa 11 all’anno e l’aumento della percentuale di madri con contratti part-time è quasi triplo rispetto a quello delle donne senza figli.
Gli effetti della maternità, sono evidenti e si manifestano non solo nel breve periodo, ma persistono anche a diversi anni di distanza dalla nascita del figlio.
Per Tridico «sarebbe utile prevedere, uno sgravio contributivo per donne che rientrano in azienda dopo una gravidanza, aiutando così l’occupazione femminile e riducendo le possibilità di indebite pressioni sulle scelte delle lavoratrici. Per ogni neoassunta, entro tre anni dall’assunzione, che vada in maternità e rientri al lavoro, l’azienda otterrebbe un esonero contributivo per tre anni».
Alfredo Magnifico