Il lavoro come partecipazione

Sono stato invitato ad una tavola rotonda sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende dall’associazione Tarantelli, la persona la conobbi, la stimai e mi procurò non poco dispiacere la sua “martirizzazione” da parte di gruppi –pseudorivoluzionari- molte volte ho partecipato anche alla sua commemorazione in via Salaria dove c’è una targa ricordo.

Ezio Tarantelli, nacque a Roma nel 1941 e morì a Roma nel 1985, è stato uno dei più importanti economisti del lavoro italiano, ha dedicato la sua breve vita all’obiettivo di una piena e libera partecipazione del lavoro – attraverso il sindacato – alla gestione dell’economia e della società, in pieno accordo con l’articolo 3 della Costituzione.

Io entrai in CISL nel 1977,il suo percorso formativo forgiò anche le nostre coscienze e poter ripercorrere gli accadimenti degli anni ottanta mi riporta alla memoria le battaglie vissute e la dolcezza di tanti ricordi.

La sua proposta di concertazione, governo-parti sociali, dell’inflazione e della politica dei redditi, basata sullo studio comparato dei sistemi di relazioni industriali, influenzò profondamente i patti sociali del 1983 (Lodo Scotti), 1984 (San Valentino) e soprattutto 1993 (Protocollo Ciampi), che consentirono all’Italia il rientro dall’inflazione, la ripresa dalla crisi del 1991-92 e l’adesione all’euro.

Nel 1981 elaborò la proposta di predeterminazione dell’inflazione e della scala mobile (il sistema di indicizzazione dei salari all’inflazione allora vigente), in un quadro di concertazione sociale della politica dei redditi e di piena occupazione.

Il suo impianto offrì il fondamento teorico all’accordo sul costo del lavoro del 22 gennaio 1983 (Lodo Scotti) e, più ancora, al patto sociale del 1993 Protocollo Ciampi.

Il 27 marzo 1985, al termine di una lezione alla Sapienza, fu assassinato da due terroristi.

Nell’opera di Tarantelli il lavoro ricomprende; il lavoro non retribuito e il non-lavoro il cui sostentamento dipende, nell’ambito del nucleo familiare, dalla remunerazione del lavoro stesso: non solo le persone che ne accudiscono gratuitamente altre, quelle che cercano un’occupazione o che non lo cercano più perché scoraggiate, ma anche le persone invalide o gli anziani con un reddito insufficiente.

Sul lavoro organizzato in termini di soggetti collettivi (base operaia, sindacati, movimento operaio in senso lato) ricade la responsabilità politica di rappresentare nel conflitto industriale anche gli interessi di coloro le cui condizioni di vita dipendono dalla remunerazione degli occupati.

L’opera di Tarantelli si costruisce a partire dall’analisi di alcuni snodi problematici fondamentali: il primo è l’emergere del conflitto sociale e sindacale nella seconda metà degli anni ’60. 

Il conflitto coinvolge la qualità, il numero e la remunerazione dei posti di lavoro e dei ruoli professionali offerti.

Per questo si estende con facilità dai giovani al lavoro organizzato, anzitutto alla base operaia meno qualificata, quindi a tutto il sistema occupazionale.

Tarantelli evidenzia la possibilità di un ruolo esplicito e rilevante del sindacato nel rientro dalla stagflazione. mette in evidenza il ruolo delle aspettative di inflazione nella determinazione dell’inflazione effettiva e la forza negoziale del sindacato (approssimata dalla percentuale dei lavoratori i cui contratti vengono rinnovati alla scadenza) costituisce un elemento di garanzia della credibilità di un annuncio sull’inflazione futura capace di influenzare le aspettative degli operatori economici

In mancanza del ruolo unitario, esplicito e forte del sindacato nella moderazione delle aspettative di inflazione, si verifica l’impossibilità di una manovra di rientro dalla stagflazione attraverso la sola restrizione monetaria.

Il rischio non è di accentuare la stagnazione e che la restrizione trasformi il percorso in una «curva boomerang» per i lavoratori, con l’effetto di scalata dei prezzi e con la disoccupazione che aumenta proprio nel momento in cui la decurtazione e non l’aumento del potere d’acquisto dei salari è maggiore.

Nel 1975 l’accordo stipulato tra organizzazioni sindacali e imprenditori (Patto Lama-Agnelli) introduce una correzione del sistema di indicizzazione dei salari all’inflazione: la cosiddetta scala mobile unificata, al crescere dei prezzi al consumo, ogni lavoratore avrebbe ricevuto la stessa somma in lire, indipendentemente dal suo salario (il cosiddetto punto unico, parametrato al livello superiore degli importi precedenti l’accordo).

Ma in presenza di tassi di inflazione a due cifre la conseguenza è un rapido appiattimento dei differenziali salariali cui si accompagna un’ondata di conflitti a livello aziendale che, nel tentativo di ripristinare le “giuste relatività” salariali, accelera la spirale inflazionistica.

La scala mobile rendeva molto difficile abbattere le aspettative sui prezzi.

Come qualsiasi sistema di indicizzazione, essa era legata non ai prezzi attesi, ma agli aumenti del trimestre precedente.

Il 24 gennaio 1978, poche settimane prima che i millecinquecento delegati sindacali riuniti nell’assemblea convocata dalla Federazione unitaria Cgil-Cisl-Uil sancissero, con la “svolta dell’Eur”, una linea di collaborazione alla «politica dei sacrifici» proposta dal segretario del Partito comunista Enrico Berlinguer per fronteggiare la stagflazione,

Luciano Lama, dichiarava che in un’economia aperta, né il profitto, né il salario o l’occupazione, potevano essere considerati variabili indipendenti, questa affermazione, trovò in Tarantelli un importante sostegno teorico.

In un’economia con lavoro non omogeneo, la distribuzione primaria del reddito aperta agli esiti del conflitto industriale, viene «chiusa» con la funzionalità del «cordone ombelicale» che trasferisce il risparmio dei lavoratori all’investimento, assicurando la piena occupazione, ma, se il salario reale supera le capacità di questo cordone ombelicale, l’investimento cade al di sotto del tasso di sviluppo di pieno impiego e, «di conseguenza, l’occupazione deve, prima o poi, cadere.

Si torna ad un effetto che, nel lungo periodo, riproduce la curva boomerang.

Nel frattempo, l’inflazione continuava a crescere e il salario medio cresceva anche più: nel 1980 la prima è al 21% e l’anno dopo, nonostante un ridimensionamento al 18%, il secondo aumenta del 24%. Tarantelli non propose, come talvolta è stato scritto, l’abolizione della scala mobile; e nemmeno la riduzione del suo grado di copertura dell’inflazione, ma, propose che, invece di adeguare il salario all’inflazione del trimestre precedente, il raffreddamento dell’inflazione avvenisse «sulla base di un profilo del numero dei punti di scala mobile decrescente nel tempo, concordato dalle parti sociali, con conguaglio a fine anno a carico delle imprese per la differenza tra il numero dei punti concordati e i punti effettivamente scattati», in modo da garantire comunque sia il potere d’acquisto dei salari sia il grado di copertura vigente.

In questo modo, il trascinamento al futuro dell’inflazione passata si verifica solo al momento dell’eventuale conguaglio finale (di importo sperabilmente molto modesto), mentre salari, fisco e prezzi, sindacati, imprese e governo, condividono e annunciano insieme a tutti gli agenti economici gli stessi espliciti obiettivi di raffreddamento.

Il 22 gennaio 1983, al termine di una trattativa durata un anno e mezzo, Vincenzo Scotti, ministro del Lavoro del governo Fanfani, porta a termine l’accordo che va sotto il suo nome.

Per la prima volta vengono fissati obiettivi di inflazione condivisi trilateralmente da governo, sindacati confederali e Confindustria: 13% per il 1983 e 10% per il 1984.

Il grado di copertura della scala mobile viene però tagliato del 15% e la contrattazione aziendale è bloccata per due anni, senza alcun tipo di conguaglio.

Se il patto evita di fissare un profilo decrescente della scala mobile coerente con gli obiettivi annuali di disinflazione, affronta però molti altri temi.

La compensazione del sacrificio salariale è affidata a miglioramenti in tema di rinnovi contrattuali, fisco, assegni familiari, assistenza sanitaria, tariffe e prezzi amministrati, e altro.

Nella visione di Tarantelli il neocorporativismo implica il pieno coinvolgimento del sindacato nella politica economica, la centralizzazione della contrattazione e dell’organizzazione sindacale, la garanzia del rispetto degli accordi presi e la capacità da parte del sindacato unitario di concludere accordi di «scambio politico».

Lo scambio è possibile solo se il sindacato diventa soggetto politico unitario (per le questioni che lo interessano) e si libera del tutto dal ruolo di “cinghia di trasmissione” delle politiche dei partiti.

All’accordo Scotti manca, dal punto di vista del sindacato, la capacità di dare vita a un vero e proprio scambio politico, basato su di un progetto unitario e concreto.

La fragilità delle basi politiche degli esperimenti di concertazione si manifesterà in modo palese con il fallimento del successivo tentativo di patto sociale condotto nel 1984 da Bettino Craxi, che sostituisce Fanfani alla guida del governo.

Tarantelli è coinvolto nelle trattative e riesce a far passare la predeterminazione dei punti di scala mobile ma non il conguaglio in capo alle imprese e/o allo Stato.

Craxi non riesce a far passare l’idea che, oltre che unitario, il sindacato dev’essere un soggetto politico autonomo, legittimato e capace di disegnare e portare a termine uno scambio politico con il governo, le imprese e (implicitamente) la banca centrale.

La trattativa dura a lungo e il testo dell’accordo transita tra le segreterie sindacali e politiche fino al 7 febbraio, quando giunge in prossimità della firma; esso prevede la predeterminazione degli scatti di scala mobile nel quadro di un processo di disinflazione concordato trilateralmente.

Ai lavoratori è chiesto di accettare per il 1985 un profilo di maturazione della scala mobile ridotto di quattro scatti rispetto a quello tendenziale, a fronte (in assenza di conguaglio) di una corposa contropartita fatta di provvedimenti fiscali e sterilizzazione del drenaggio fiscale, governo di tariffe, prezzi amministrati ed equo canone in linea con l’obiettivo di inflazione e altri provvedimenti a favore del lavoro.

Ad accordo praticamente concluso, il Partito comunista impone però alla Cgil di fermarsi: se Pierre Carniti e Giorgio Benvenuto avevano ricevuto da Cisl e Uil mandato per la firma, e Ottaviano Del Turco l’assenso della componente socialista della Cgil, Luciano Lama annuncia invece la contrarietà della maggioranza della Cgil.

Le motivazioni di Berlinguer, che ha richiamato Lama alla disciplina di partito, sono politiche, non tecniche: il sindacato non è un soggetto politico autonomo e non è autorizzato a trattare accordi di politica economica direttamente con il governo, a maggior ragione quando quest’ultimo non abbia ricevuto mandato dal Parlamento.

Il 14 febbraio Craxi, con l’assenso di Cisl e Uil, procede comunque per decreto; ma l’opposizione del Partito comunista manda in frantumi l’unità sindacale faticosamente costruita nei dodici anni precedenti.

Tarantelli, dato il fallimento dell’ipotesi di scambio politico, rifiuta ogni paternità del decreto, anche dopo l’approvazione parlamentare (che comporterà la riduzione da quattro a tre degli scatti di scarto tra scala mobile programmata e tendenziale), il dibattito sul decreto resta rovente.

Il Partito comunista indice un referendum per abrogarlo, ma Berlinguer non ne vede l’esito: colpito da un ictus viene a mancare l’11 giugno 1984. Il 27 marzo 1985 muore anche Tarantelli in un agguato terroristico, il 9 e 10 giugno, il referendum è vinto dal no con un distacco di 8,6 punti percentuali.

Oggi di fronte alla rottura tra le tre Organizzazioni-CGIL,CISL,UIL la riproposizione di un referendum da parte della CGIL mi sembra di rivedere un FILM già visto.

Lo “scudo dei disoccupati” costituirebbe la base sociale ed economica sperimentale su cui edificare la moneta unica.

In conclusione, lo scopo che si prefigge l’economia politica del lavoro di Tarantelli è di trasformare i lavoratori, attraverso un sindacato libero, unito e autonomo dai partiti, in protagonisti fondamentali della politica economica, coscienti del proprio ruolo di promotori dello sviluppo economico e sociale.

Se la Costituzione delinea i fondamenti di diritto della partecipazione del lavoro allo sviluppo della Repubblica, l’economia politica di Tarantelli ne disegna alcuni fondamentali snodi concreti che, con il passare degli anni appaiono, se possibile, sempre più rilevanti.

Alfredo Magnifico

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