Uno studio condotto da tre ricercatori, Cyprien Batut, Usysse Lojkine e l’italiano Paolo Santini, per la Copenaghen Business School, ha analizzato gli iscritti ai sindacati in sette Paesi europei, ne viene fuori che in Italia non sappiamo con certezza quanti siano davvero gli iscritti ai sindacati, non abbiamo nessuna certezza su quanti lavoratori hanno una tessera della Cgil, Cisl o Uil.
I dati sono forniti dagli stessi sindacati ma, non sono verificabili, si rifiutano di mettere in pratica il testo unico sulla rappresentanza del 2013, che prevedeva, fra le altre cose, la certificazione da parte dell’Inps del numero di iscritti a ogni sigla.
La questione è tornata centrale,con le nomine al CNEL e con il salario minimo, sul quale il Cnel ha appena dato il suo parere contrario, dicendo che; non ce ne è bisogno perché il mercato del lavoro quasi interamente regolato dai sindacati e dalla contrattazione collettiva.
Tito Boeri e Roberto Perotti hanno fatto notare che nessuno è veramente in grado di misurare il grado di rappresentatività dei sindacati, forse, neanche i diretti interessati.
In Italia è sorta un’anomalia, dai primi anni Duemila, c’è una divergenza evidente tra il numero degli iscritti al sindacato, dichiarati da Cgil, Cisl e Uil e il numero di quelli che nei sondaggi si dichiarano iscritti a una sigla sindacale, nei dati forniti dai sindacati siamo intorno al 32-33% di sindacalizzazione, nei sondaggi ci si ferma al 22-25%, quasi dieci punti di differenza.
L’Ocse misura la “trade union density”, cioè il rapporto tra iscritti ai sindacati (escludendo i pensionati) e popolazione occupata in una Nazione. In Italia invece è calcolato unicamente sui dati comunicati dai sindacati: nel 2019 era pari al 32,5% e in costante calo dal 2013, quando raggiunse il massimo del 35,7%.
Mentre negli altri Paesi per lo studio danese il dato è allineato ai sondaggi, in Italia no e stando ai numeri del sondaggio, solo un lavoratore su quattro, o su cinque, in Italia è iscritto al sindacato, la percentuale resta più alta di quella di altri Paesi europei, ma inferiore rispetto a quanto dichiarato dalle maggiori sigle sindacali.
Il ricercatore italiano, Paolo Santini, ha ricordato come nel 2017 l’Inps riportava un tasso di sindacalizzazione del 25% nelle imprese di Confindustria, molto più basso del 40% dichiarato dalle tre maggiori confederazioni, a conferma ci sarebbe la minore adesione dei lavoratori agli scioperi, secondo la serie ricostruita dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo).
Boeri, da presidente Inps, provò a fornire misure oggettive della rappresentanza, trovandosi di fronte alla ritrosia di CGIL-CISL-UIL a rendere pubblici i dati raccolti sui versamenti delle quote associative alle diverse sigle sindacali.
Il problema dei contratti pirata firmati da sigle sindacali di dubbia rappresentatività, denuncia fatta da sindacalisti di CGIL-CISL e UIL come uno dei mali del mercato italiano, dovrebbe essere un incentivo a dare seguito agli accordi del 2013.
O lo studio Danese sbaglia o i sindacati hanno gonfiato i dati diffusi, nella peggiore delle ipotesi ci sono lavoratori che sono iscritti ma non lo dicono o addirittura non lo sanno.
Alfredo Magnifico