Il Carcerato che fa formazione ha meno rischi di recidiva

Su 100 detenuti che seguono percorsi di formazione e di inserimento lavorativo in carcere nelle cooperative sociali torna a delinquere meno del 10%, è «un abbattimento della recidiva importante rispetto a chi è sottoposto a trattamenti standard.

Oltre quarant’anni fa alcuni concetti che vado ad esprimere oggi, furono il filo del discorso della mia tesi di laurea in Giurisprudenza, che, contrariamente alle aspettative di molti, scelsi in diritto penale e precisamente sulle sanzione alternative alla Carcerazioni.

Sono passati tantissimi anni e siamo rimasti al carissimo amico, ritengo che la promozione della reintegrazione sociale dei detenuti passa attraverso l’istruzione, la formazione e l’accesso al lavoro, era necessaria allora, oggi è più urgente che mai.

Attualmente, solo il 33% dei detenuti in Italia è coinvolto in attività lavorative, di cui l’85% alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria spesso in ruoli di basso valore aggiunto.

L’assenza di opportunità lavorative per i detenuti priva lo Stato di un possibile ritorno sul Pil fino a 500 milioni di euro, con impiegati presso imprese o cooperative in attività a maggior valore aggiunto.

Il tasso di affollamento reale nelle carceri italiane ha raggiunto il 119% nel 2023, con picchi che superano il 190% in istituti come quello di Lucca.

Il sovraffollamento da una parte ostacola la gestione quotidiana delle strutture,  riduce  drasticamente le opportunità per i detenuti di partecipare a programmi di istruzione, formazione e lavoro, fondamentali per il loro reinserimento sociale, dall’altra  comporta una maggiore incidenza di eventi critici, come violenze, aggressioni, autolesionismi e suicidi, che minano la sicurezza sia dei detenuti che del personale degli istituti penitenziari.

Da dati rilasciati dal Cnel e dal ministero della Giustizia, sono 61,468 le persone detenute nelle carceri italiane,le stesse ne potrebbero contenere circa 47mila, il 70% di loro cade nuovamente in errore, perdendo, dopo anni di reclusione, la possibilità di riscatto personale e di riabilitazione sociale, secondo le stime del Cnel il tasso di recidiva scende al 2% quando viene avviato un percorso formativo e lavorativo.

La professionalizzazione dei detenuti porta alla riduzione del tasso di recidiva, a minori oneri per la comunità, contribuisce al reintegro sociale, a una minore saturazione delle carceri e a una maggiore sicurezza del territorio.

Varie iniziative sono state promosse con lo scopo di rafforzare le opportunità lavorative in favore della popolazione detenuta per perseguire «il fine rieducativo della pena e il reinserimento sociale dei detenuti dovere sancito dall’articolo 27 della Costituzione, che dà la possibilità ai detenuti di lavorare, restituendo loro dignità e aprendo orizzonti di futuro.

Il carcere dovrebbe avere come finalità la rieducazione e la riparazione, mai solo punitivo.

In questo senso, le pene alternative aiutano a garantire umanità e a favorire il reinserimento nella società, per cui formare e offrire lavoro ai detenuti significa contribuire notevolmente all’abbattimento della recidiva.

Offrire alle persone in carcere l’opportunità di qualificazione professionale, impegnando positivamente il tempo della pena è in linea con la Costituzione.

Un modello virtuoso di collaborazione tra soggetti privati e pubblici nell’ottica del bene comune favorisce l’inserimento nel mondo del lavoro di persone in difficoltà e  promuove il tema della riabilitazione sociale delle persone sottoposte ad esecuzione di pena,in definitiva un’ attività professionalizzante consentirà il potenziale inserimento al lavoro una volta che il detenuto ha finito di scontare la propria pena.

Servono iniziative sulla pena nella costituzione, la rieducazione, l’uguaglianza, la dignità umana e la solidarietà  che devono diventare veri e propri punti stabili di formazione e informazione, ma anche luoghi di promozione di istanze di diritti e di partecipazione attiva della popolazione carceraria, incontri periodici con docenti universitari, magistrati, rappresentati nel Terzo settore e delle istituzioni per approfondire particolari diritti o temi costituzionali, fornire ai detenuti le conoscenze utili per una maggiore comprensione del sistema giudiziario italiano affinché possano raggiungere una piena consapevolezza e una partecipazione sempre più attiva nell’ambito del proprio percorso fino al reinserimento nella società.

Alfredo Magnifico

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