Un’interessante inchiesta di Telus Health, fornitore Canadese di servizi tecnologici sanitari, ha realizzato un rapporto sullo stato di salute dei lavoratori del mondo.
Il rapporto evidenzia che per i lavoratori Italiani la situazione è drammatica, infatti: il 45% si sente ansioso,il 35% si sente depresso,il 32% si sente isolato, il 29% non si sente ottimista riguardo al proprio futuro, il 27% afferma che la propria salute mentale ha un impatto negativo sulla produttività lavorativa, il 23% non dispone di risparmi di emergenza per coprire i bisogni di base,il 37% ha diagnosticato ansia, depressione o altri disturbi mentali, il 28% soffre di ansia, depressione o altri disturbi mentali non diagnosticati che stanno compromettendo la loro salute, il 7% ha utilizzato i propri benefici per servizi psicologici,il 12% apprezza maggiormente i servizi psicologici,il 29% preferisce una settimana lavorativa di 5 giorni con la possibilità di lavorare in remoto, il 30% afferma che un migliore sostegno al benessere è più importante di un aumento del 10% dello stipendio, il 51% si sente più sensibile allo stress rispetto a prima della pandemia,il 49% afferma che i propri colleghi sono più sensibili allo stress rispetto a prima della pandemia,il 17% dichiara che il volume di lavoro è la principale fonte di stress lavorativo,il 9% sta pensando di lasciare il lavoro,il 22% sta pensando di lasciare il proprio lavoro per un lavoro/carriera migliore o per maggiori benefici.
Sulla salute mentale, il punteggio più basso si trova in Polonia (55,5), Spagna (57,1), Italia (58,4), Francia (62,3) e Germania (64,2).
Li dove non riesce la contrattazione si inserisce la magistratura sentenziando che se lo stress sul lavoro procura un danno va risarcito, infatti una recentissima sentenza della Cassazione civile del 19 gennaio 2024, n. 2084 ha affermato con richiami precedenti, Cass. 19 febbraio 2016, n. 3291, che ai sensi dell’art. 2087 cod. civ., nonché all’ammissibilità della interpretazione estensiva della predetta norma alla stregua sia del rilievo costituzionale del diritto alla salute (art. 32 Cost.), sia dei principi di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 cod. civ.) ai quali si deve ispirare lo svolgimento del rapporto di lavoro, è emerso l’obbligo del datore di lavoro di “tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro” includendo l’obbligo della adozione di ogni misura “atipica” diretta alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, ad esempio, le misure di sicurezza da adottare in concreto nella organizzazione tecnico-operativa del lavoro allo scopo di prevenire ogni possibile evento dannoso, ivi comprese le aggressioni conseguenti all’attività criminosa di terzi (v. anche Cass. 22 marzo 2002, n. 4129).
La tutela dell’integrità psico-fisica del lavoratore non ammette sconti, in ragione di fattori quali; l’ineluttabilità, la fatalità, la fattibilità economica e produttiva, nella predisposizione di condizioni ambientali sicure, il che implica l’obbligo del datore di lavoro di astenersi da iniziative, scelte o comportamenti che possano ledere la personalità morale del lavoratore, come l’adozione di condizioni di lavoro stressogene o non rispettose dei principi ergonomici, oltre a comportamenti più gravi come mobbing, straining, burn out, molestie, stalking alcuni di rilevanza penale (Corte costituzionale, sentenza n. 359 del 2003 e Cass. 5 novembre 2012, n. 18927).
Alfredo Magnifico