Da un analisi dell’Ufficio Studi della Cgia di Mestre emerge che professionisti e lavoratori autonomi patiscono la crisi più di tutti, soprattutto per la mancanza di ammortizzatori economici. Purtroppo la crisi economica non è ancora superata, malgrado le trionfalistiche dichiarazioni di diversi membri del Governo. Purtroppo la povertà continua a colpire la popolazione, ma soprattutto gli autonomi. Nel 2014 circa il 25 per cento delle famiglie con reddito principale da lavoro autonomo ha vissuto con una disponibilità economica inferiore ai 10.000 euro annui (soglia di povertà totale calcolata dall’Istat). Praticamente una famiglia su quattro si è trovata in una condizione di vita non accettabile. Per quelle con reddito da pensioni/trasferimenti sociali e da lavoro dipendente, invece, la percentuale al di sotto della soglia di povertà è stata inferiore. Per le prime, infatti, l’incidenza si è attestata al 20,9 per cento, per le seconde al 14,6 per cento.La quota di nuclei familiari in cattive condizioni economiche è aumentata di 1,2 punti percentuali tra il 2010 e il 2014,per i pensionati la povertà è scesa dell’1 per cento, tra i dipendenti è aumentata dell’1 per cento, mentre tra il cosiddetto popolo delle partite Iva l’incremento è stato del 5,1 per cento, nell’ultimo anno la variazione è stata pressoché nulla. La precarietà presente nel mondo del lavoro si concentra soprattutto tra il popolo delle partite Iva , la questione non va affrontata ipotizzando di togliere alcune garanzie ai lavoratori dipendenti per darle agli autonomi, bisogna studiare come allargare l’impiego di alcuni ammortizzatori sociali anche a questi ultimi che, almeno in parte, dovrebbero finanziarseli.Quando un lavoratore dipendente perde momentaneamente il posto di lavoro può disporre di diverse misure di sostegno al reddito, nel caso venga licenziato può contare anche su una indennità di disoccupazione,al contrario un autonomo, non ha alcun paracadute. Una volta chiusa l’attività è costretto a rimettersi in gioco affrontando una serie di sfide per molti versi impossibili; l’età spesso non più giovanissima e le difficoltà congiunturali costituiscono un ostacolo insormontabile al reinserimento nel mondo del lavoro.La Cgia fa notare che dall’inizio della crisi (2008) al primo semestre di quest’anno, gli autonomi(ovvero, i piccoli imprenditori, gli artigiani, i commercianti, i liberi professionisti, i coadiuvanti familiari, etc.) sono diminuiti di quasi 260 mila unità: del 4,8 per cento. La platea dei lavoratori dipendenti, si è ridotta di 408.400 unità, anche se in termini percentuali è diminuita “solo” del 2,4 per cento.
Dall’inizio della crisi ad oggi, gli autonomi hanno segnato la contrazione peggiore in Emilia Romagna (-14,6 per cento), in Campania (-13,7 per cento) e in Calabria (13,3 per cento). Di rilievo, invece, la performance ottenuta dal Lazio (+10,1 per cento) e dal Veneto (+5,3 per cento).L’incremento registrato in Veneto è, in buona parte, dovuto alle decisioni prese da molte aziende che, a seguito della crisi, hanno trasformato il rapporto di lavoro di molti dipendenti in forme di lavoro autonomo, invitando molte persone ad aprirsi la partita Iva. Nel caso del Lazio,il dato si accompagna al contesto economico regionale, dominato dall’economia dei servizi che ha superato meglio le difficoltà di questi anni, permettendo una crescita e di conseguenza un deciso incremento occupazionale anche degli autonomi. Tra il 2008 e il primo semestre di quest’anno la riduzione più importante si è verificata nel Mezzogiorno ed è stata del 7,5 per cento (- 120.700 unità),segue il Nordest con il -5,8 per cento (-67.800 unità) e il nordovest con il -5,3 per cento (-82.500 unità). Solo il Centro ha segnato una crescita positiva dell’1 per cento (+11.300 unità).Il reddito medio annuo delle famiglie con fonte principale da lavoro autonomo ha subito in questi ultimi anni (2008-2013) una riduzione di oltre 4.352 euro (-10,6 per cento), mentre quello dei dipendenti è aumentato di soli 320 euro (+1 per cento).In deciso aumento, il dato medio annuo dei pensionati e di quelle famiglie che hanno beneficiato dei sussidi (di disoccupazione, di invalidità e di istruzione) che sono stati erogati ai nuclei più in difficoltà. In termini assoluti il ritocco all’insù è stato pari a 1.680 euro (+7,6 per cento).Il forte calo della domanda interna ha contribuito in maniera determinante a peggiorare le condizioni economiche degli autonomi. Gli artigiani, i piccoli commercianti e i liberi professionisti nella stragrande maggioranza dei casi vivono dei consumi delle famiglie: il crollo di quest’ultimi ha causato una caduta verticale del fatturato di moltissime piccole attività e spinto alla chiusura tantissimi lavoratori autonomi. Si auspica che la ripresa dei consumi si consolidi nella parte finale di quest’anno e che il 2015 possa chiudersi con un numero di lavoratori autonomi superiore al 2014, come sembrerebbe intravedersi nei dati provvisori relativi al primo semestre.
Alfredo Magnifico