Nel 2030 in Europa ci saranno oltre sette milioni di persone in meno in età lavorativa a causa della denatalità e del calo demografico.
C’è un processo positivo della longevità, ma va favorito e protetto, questo processo richiede pensioni, cure e assistenza.
Il problema vero non è tanto la diminuzione della popolazione quanto gli squilibri all’interno della stessa.
Adesso l’Italia e l’Ue si stanno accorgendo che se la denatalità rimane a lungo troppo bassa erode le nuove generazioni e indebolisce il mercato del lavoro.
Le generazioni degli anni 60 e 70 vanno verso la pensione e saranno sostituite dalla popolazione molto più debole dal punto di vista demografico, nata dagli anni 80 e 90, c’è il rischio di non avere forza lavoro sufficiente a colmare le necessità delle imprese ma soprattutto di non avere la capacità di pagare i contributi per finanziare il sistema di welfare.
C’è una denatalità molto bassa, 1,5 figli per donna in Europa ed è molto preoccupante”, se a questo si abbina il fatto che aumenterà di quasi 5 milioni la popolazione over 65 nel 2030 e che nel contempo la popolazione in età giovanile diminuirà fortemente, l’Italia sarà il Paese che ridurrà maggiormente la forza lavoro, quindi il 30% è dovuto al declino demografico italiano.
Da troppo tempo si investe poco sulle politiche familiari, sui giovani, sulle politiche abitative, investire sull’autonomia dei giovani su un percorso solido scuola lavoro avrebbe un effetto immediato di miglioramento della forza lavoro italiano, aumenterebbe la forza lavoro e consentirebbe ai giovani di poter avere una famiglia e di avere figli.
I giovani di oggi sono spaventati quando pensano al futuro; la pandemia, la guerra in Ucraina, il conflitto palestinese, il riscaldamento globale, sono tutti fattori che frenano le scelte dei giovani e li rendono insicuri, i Paesi che investono di più nei giovani riescono a superare questa incertezza.
Alfredo Magnifico