Una ricerca della think tank Economic Policy Institute ha evidenziato come lo scorso anno, il compenso medio di un amministratore delegato nelle prime 350 aziende più grandi degli Stati Uniti ha toccato 18,9 milioni di dollari, un incremento del 17,6% rispetto all’anno precedente, nello stesso periodo, gli stipendi dei lavoratori dipendenti sono cresciuti soltanto dello 0,3%.
Lo scorso anno il rapporto fra i compensi degli amministratori e quelli dei lavoratori è stato di 312:1, un salto rispetto al 20:1 del 1965,per quanto le cose siano migliorate dall’inizio del millennio, nel 2000, il rapporto era di 344:1), senza alcuna indignazione pubblica di massa, né proteste sul modello “Occupy Wall Street” o “Indignados”, la piazza sembra aver digerito senza sussulti o eclatanti manifestazioni di dissenso, l’evidenza delle cifre. Che testimoniano di un modello reddituale e sociale profondamente diseguale.
I compensi degli amministratori sono cresciuti più velocemente anche delle stock option e dei profitti delle aziende, fra il 1978 e il 2017 sono aumentati del 979% (se si calcola l’assegnazione di stock option) e del 1070%, se si valuta la vendita delle azioni. Nello stesso periodo, l’indice di S&P ha segnato +637%. Entrambi i dati sono di molto superiori al +11,2% della crescita dello stipendio del lavoratore medio e del 308% dei top earners.
Secondo gli autori di CEO compensation surged gli amministratori delegati delle 350 maggiori aziende USA hanno guadagnato in media 18,9 milioni di dollari nel 2017, con un aumento complessivo del 17,6% rispetto alla loro retribuzione media nell’anno precedente, valori decisamente elevati, soprattutto se raffrontati con le buste paga dei lavoratori “tipici” che, in media nello stesso periodo, sono aumentate solo di circa lo 0,3%.
L’impennata della remunerazione degli amministratori delegati misurata con le stock options realizzate è stata guidata dalle componenti azionarie, non da variazioni di stipendi o bonus in denaro.
Un divario crescente che non è più tanto tra padrone e dipendente, ma tra lavoratori e lavoratori, di più, tra colleghi, che rende gli amministratori delegati partecipi, e quindi solidali, magari persino devoti, a un modello di sviluppo fortemente condizionato dai valori della finanza in generale, e della speculazione finanziaria in particolare.
Fra il 1978 e il 2017, la produttività dei lavoratori è cresciuta del 77%. In pratica, gli amministratori delegati sono gli unici che incassano i benefici della crescita economica. Secondo i ricercatori, questa tendenza è priva di fondamento, in quanto al compenso più alto di un amministratore delegato non corrisponde una migliore performance aziendale. La ragione di questo disequilibrio, secondo la think tank, sta nella capacità dei ceo di definire il proprio compenso. Dunque, per cercare di ridurre le distanze, una delle ipotesi avanzate dai ricercatori è dare agli azionisti e al consiglio di amministrazione la possibilità di esprimersi sul livello di compenso dell’amministratore delegato.
I ricercatori dell’Economic Policy Institute hanno proposto quattro soluzioni politiche e fiscali intese a «…limitare e ridurre gli incentivi e la capacità degli amministratori delegati di ricavare concessioni economiche». Quattro soluzioni pensate per «non danneggiare l’economia».
· Ripristinare maggiori aliquote marginali sul reddito massimo;
· impostare aliquote delle imposte sulle società più elevate per chi ha una CEO pay ratio maggiore;
· stabilire un limite alle retribuzioni e un’imposta specifica su qualsiasi importo percepito oltre il limite prefissato;
· consentire un maggiore uso del cosiddetto “say on pay“, che permetta agli azionisti di una compagnia di votare sui compensi dei dirigenti.
Alfredo Magnifico