I dati del rapporto integrato sul lavoro, frutto dell’incrocio dei dati del Ministero del lavoro, Istat, Inps, Inail e Anpal evidenziano che a pagare la crisi sono stati i giovani, sopratutto se al primo impiego, ancora di più se del Sud.
La crisi è stata peggio di una guerra, la realtà è più drammatica di quanto si pensasse, l’aumento della disoccupazione è soprattutto giovanile e al Sud, la situazione è simile a quella greca.
La disoccupazione di lunga durata è diventata una malattia endemica, la ricerca del primo impiego riguarda parecchi trentenni, 18 miliardi di decontribuzione alle nuove assunzioni hanno fatto il solletico a questa china, tra qualche anno, questi buchi contributivi, peseranno come macigni sul bilancio dell’Inps.
I dati, analizzano il periodo tra il 2008 e il 2016, ed evidenziano che il tasso di occupazione per i 15-34enni è diminuito di 10,4 punti rispetto al 2008, a fronte di un aumento di 16 punti per i 55-64enni, si evidenzia, chiaramente, che nella crisi si è deciso di sacrificare i posti di lavoro riservati ai giovani, con l’ obiettivo di mantenere a ogni costo chi già lavorava a discapito di chi doveva ancora entrare nel mondo del lavoro.
L’età media della popolazione in età da lavoro è aumentata vertiginosamente, passando da poco più di trenta a più di quarant’anni tra il 1993 e il 2017, in soli 25 anni, e si stima arriverà a 45 nel 2036.
Nella scuola e nella pubblica amministrazione, settori innovativi e di frontiera, l’età media dei dipendenti si aggira attorno ai 48 anni, del resto, se non puoi pensionare gli anziani, puoi solo bloccare il turnover ,non facendo entrare i giovani.
Se calano i posti pubblici, per il Mezzogiorno sono guai è lì che la crisi occupazionale batte violentissima, mentre il tasso di disoccupazione al Nord è più basso rispetto alla media europea, 7,6% contro 8,6%, nel Mezzogiorno lambisce il 20%, il valore più elevato dell’Ue28 dopo la Grecia.
La disoccupazione di lunga durata è un problema che tocca tutta la popolazione giovanile Italiana, più di due su tre, il 67,7%, sono giovani che ancora stanno cercando il primo impiego e senza esperienze lavorative è del 25,8% dei 25-29enni e del 12,6% dei 30-34enni, più di un 30-34enne su dieci non ha mai lavorato in vita sua.
Fuori dai confini i giovani trovano lavoro, da noi l’intermittenza e la precarietà lavorativa non consentono alcun volo pindarico e nemmeno le più modeste aspirazioni, con l’aggravante, spiacevole già oggi, di una pensione da fame,in là negli anni , figlia di contributi versati, se versati, a singhiozzo, e di servizi e ammortizzatori che molto probabilmente risentiranno di una spesa per interessi sul debito pubblico che si farà sempre più importante nei prossimi anni, se non ci decideremo a tirare giù il debito.
Il rapporto integrato ci racconta bene che dalla guerra del lavoro, i giovani sono usciti morti stecchiti, che tutto quel che si poteva fare, per provare a prepararsi alla sciagura più o meno imminente, non è stato fatto, perchè gli anziani hanno avuto paura di perdere e hanno imposto, la loro paura al Paese.
Se l’Italia era un Paese per vecchi, oggi, sicuramente, lo è, forse, ancora di più.
Alfredo Magnifico
Guerra alla crisi “giovani sconfitti, anziani traditori”
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