La pensione è un obiettivo lontano ma per molti lavoratori giovani e meno giovani, che lavorano con contratti part time verticale ciclico, rischia di essere un miraggio.
Il part time è sempre più diffuso,nel privato ormai è diventato la normalità, le aziende, spesso, li preferiscono a quelli full time perché ne beneficiano a livello fiscale,e hanno sul posto di lavoro sempre gente fresca e molte persone preferiscono questa tipologia contrattuale, come ad esempio studenti e madri, perché consente loro di conciliare meglio il lavoro con lo studio o con la vita privata e familiare. Ancora una volta, tra la cupidigia e l’opportunismo dei molti e il silenzio complice della politica, si è levata alta la voce del sindacato, che questi lavoratori li sta prendendo per mano, uno per uno, per accompagnarli in un percorso di giustizia individuale che raddrizzi, una causa dopo l’altra, questa inaccettabile stortura.
Sono oltre centomila le persone che in estate si ritrovano con le tasche vuote, perché il loro lavoro resta sospeso, chiude per ferie, senza che loro le ferie se le possano permettere; senza reddito, senza ammortizzatori sociali, senza strumenti di sostegno, senza contributi, senza niente.
Lavoro svenduto, diritti che si sciolgono al sole, nel periodo dei saldi offerti alle ditte, spesso in regime di appalto o sub appalto, che incassano, ringraziano, e spengono il tassametro sul quale si aggiorna il costo del lavoro, lasciando in sospensione le maestranze.
Si tratta dei dipendenti degli appalti delle scuole; ristorazione o pulizia quando le scuole chiudono ,lavoratori delle produzioni stagionali, quando non è più tempo di cioccolato, ma di gelato alla fragola o non e più tempo di spiaggia ma di sci sulla neve.
I soldi non bastano mai, a giugno arriva la busta paga e poi per la successiva bisogna aspettare la metà di ottobre. A queste persone, paradosso della matematica applicata alla realtà, servono cinquant’anni di lavoro per versare quarant’anni di contributi, perché quando a mezzo secolo si sottraggono i periodi di sospensione, che non sempre corrispondono solo ai mesi di luglio e agosto, anno dopo anno, il conto che appariva surreale di colpo tornerà, la chiave è il numero di settimane che da cancellare dal monte previdenza. Centinaia. Migliaia di giorni amputati alle vite professionali di questi lavoratori, loro malgrado.
C’è chi la chiama flessibilità, chi lavoro povero, per anni l’Inps ha riconosciuto questi periodi non lavorati come sospensione e trattati come normale Cigs, poi Zac arriva la Spending Revieuw e questo beneficio se n’è andato a farsi fottere.
Nonostante la Corte di Giustizia europea nell’ormai lontano 2010 sentenziò che questa discriminazione doveva finire, quella pronuncia, che sembrava una cosa seria, è stata trattata come una boutade, ed rimasta lettera morta ,lo stesso dicasi di alcune sentenze della Cassazione che hanno condannato sempre l’Inps, comunque si continua a negare il riconoscimento di tale diritto, fino a quando non ci saranno degli adeguamenti normativi le cose restano così.
Ogni governo da allora a oggi si è speso in annunci e promesse ma non è mai diventato norma concreta e riparazione dovuta.
Lo scorso 24 luglio, i sindacati in una convocazione al ministero del Lavoro, hanno chiesto un intervento immediato per riconoscere ai lavoratori in part time verticale ciclico i contributi anche nei periodi di sosta lavorativa, così da non costringerli a lavorare molti più anni per raggiungere il traguardo pensionistico, il sottosegretario, di turno, ha parlato di un tema che a livello parlamentare raccoglie una sensibilità trasversale. Mi sembra un’ennesima presa per il culo per questi lavoratori, il suggerimento di chi è vissuto per quarant’anni tra questi lavoratori, trattino tutti i part-time come fossero part time orizzontale non come oggi secondo l’INPS, che norme alla mano, ritiene che rientrino nel calcolo dei contributi solo i periodi di effettivo lavoro ma come sempre le soluzioni semplici sono le più complesse.
Alfredo Magnifico