Gli errori del Cnel sul salario minimo

Il documento elaborato dal CNEL sul salario minimo, contiene tutte le obiezioni mosse dalla coalizione di governo rispetto alla soglia minima legale di nove euro ora, proposta delle opposizioni, le riassumo in maniera schematica;

·        Il salario minimo non è la priorità per l’Italia. esiste una contrattazione collettiva che copre ben oltre l’80% dei lavoratori italiani.

·        Investire sul rinnovo dei contratti e quindi migliorare le condizioni economiche a favore dei lavoratori, anche, attraverso i contratti di secondo livello che puntano sulla produttività e che, grazie ad un intervento di detassazione in manovra, sono cresciuti nell’ultimo anno del 35%

·        Coltiva l’idea che il mercato del lavoro italiano sia pressoché interamente regolato da sindacati e associazioni di categoria e che quasi il 100 per cento dei lavoratori italiani è coperto dalla contrattazione collettiva

·        Quasi tutti i moduli (Uniemens) che regolano i versamenti contributivi delle aziende per i loro lavoratori contengono un riferimento esplicito ad un contratto nazionale.

·        Nel 97% dei casi, si tratterebbe di contratti sottoscritti da federazioni aderenti a Cgil, Cisl e Uil e “nella quasi totalità dei casi” fissano dei minimi superiori ai 9 euro ora.

·        L’implicazione di tutto questo è che un salario minimo fissato a quel livello non servirebbe perché c’è già nei fatti, e che bisognerebbe solo rendere obbligatorio per i datori di lavoro applicare i contratti collettivi sottoscritti dai sindacati maggiormente rappresentativi a tutti i lavoratori».

·        Nelle conclusioni il documento del Cnel, fà un’affermazione «aberrante»; “il problema dei salari in Italia è un problema di bassa produttività, ergo non è un problema di salario minimo.”

Anche prendendo per buone le affermazioni del Cnel sul grado di copertura della contrattazione, ci sono molti “quasi, ma, però” di cui tenere conto.

Il salario minimo è uno strumento che si rivolge a fasce marginali, relativamente piccole, della forza lavoro.

In molti Paesi non interessa più del 2-3% dell’occupazione, quindi il fatto che quasi tutti i lavoratori siano coperti dalla contrattazione e che quasi sempre questa fissi salari non da fame non implica che un salario minimo non sia necessario.

Il Salario Minimo serve per affrontare il problema di quel 2-3% di lavoratori. Come le medicine servono per i malati che di norma sono una sparuta minoranza.

Il fatto che sono per lo più giovani, donne e immigrati non vuol dire che contino di meno degli altri.

Il Cnel pur essendo il depositario dei Contratti Collettivi non riconosce i limiti dei dati disponibili sulle retribuzioni e si affida ai dati Inps sulle dichiarazioni contributive, dati che hanno almeno due generi di problemi; non coprono il lavoro nero e solo parzialmente il lavoro grigio (in cui vengono dichiarati lavori part-time che in verità, a volte, sono a tempo pieno).

L’Inps raccoglie contributi ma non c’è garanzia che a questi contributi corrisponda effettivamente una retribuzione loro proporzionata.

Alcuni datori di lavoro pagano i contributi corrispondenti ai minimi tabellari della contrattazione collettiva per evitare controlli e ispezioni, ma poi versare ai loro lavoratori meno di quella cifra, l’Inps non è in grado di saperlo.

Il sindacato e le associazioni di categoria si rifiutano di far misurare il loro grado di rappresentatività.

I sindacati forniscono i dati sulla loro rappresentanza, più alti di quelli che si rilevano nelle indagini campionarie presso i lavoratori (pari al doppio di quelli rilevati sul campo secondo studi di ricercatori dell’università di Copenaghen).

I confini tra imprese, settori e mansioni sono estremamente nebulosi, altrettanto i perimetri dei contratti collettivi, un salario minimo per legge non avrebbe di questi problemi perché si applicherebbe a tutti i lavoratori, nessuno escluso.

Il salario non è misurabile con la produttività, cioè con il valore di ciò che il lavoratore produce, si parla di retribuzioni basse e a quei livelli retributivi ci sono mille motivi per cui il lavoratore può essere pagato molto meno del valore di ciò che produce.

Il salario minimo serve a contrastare l’eccessivo potere contrattuale che hanno i datori di lavoro in questi casi.

Stupisce e lascia perplesso che il documento ignori questi aspetti elementari del nostro mercato del lavoro, sapendo da chi è formato il parlamentino del CNEL.

Alfredo Magnifico

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