Il riconoscimento della dignità umana passa dalla promozione del lavoro e dalla capacità di una società ad educare le giovani generazioni a una professione.
In una società realmente progredita, il lavoro rappresenta la dimensione irrinunciabile della vita sociale, perché non solo è un modo di guadagnarsi il pane, ma anche un mezzo per la crescita personale, per stabilire relazioni sane, per esprimere sé stessi, per condividere doni, per sentirsi corresponsabili nel miglioramento del mondo e, in definitiva, per vivere come membri di un popolo.
Affrontare le crisi lavorative significa prendere sul serio la formazione dei giovani.
Durante la pandemia abbiamo scoperto che le categorie più fragili sono gli anziani, che hanno pagato sulla propria pelle, più di tutti, la crisi sanitaria, e i giovani, che hanno visto piombare addosso una crisi sociale ed economica di inedite proporzioni.
I giovani rischiano di vedere bloccato il lavoro nel presente e di portare un domani il peso di un indebitamento senza precedenti, da far risultare il loro futuro ipotecato.
Sarò ripetitivo e forse anche petulante nei miei concetti ma occorre che l’incertezza dell’oggi abbia un investimento coraggioso sui giovani e sulla formazione al lavoro.
Il tema dei giovani è una delle ferite aperte nella società italiana, la loro fuga dalle aree interne e marginali del Paese in cerca di fortuna altrove rappresenta un dato che dovrebbe allarmare, al contrario, viene guardato con rassegnazione o menefreghismo dalla classe dirigente, quasi non ci sia nulla da fare e che sia qualcosa più grande di noi.
Un investimento massiccio in formazione porterebbe ad affrontare il nostro tempo con stile innovativo, anche perché il futuro lo si prepara progettando nel presente.
Il mondo del lavoro è in continua trasformazione, stare dentro ai cambiamenti in corso significa darsi le competenze necessarie per mettersi in gioco, per cui la formazione in genere, e quella professionale in particolare, è chiamata a rispondere a questa esigenza, rappresenta il tentativo di consegnare le chiavi in mano per aprire le porte al lavoro secondo le esigenze dei tempi, senza paure di sentirsi out, ossia fuori dal tempo e dal mondo.
Occorre guardare con attenzione alle richieste che vengono richieste all’interno del mondo del lavoro.
L’inclusione sociale si gioca sui diversi tipi di intelligenza: la teoretica, l’emotiva, la pratica , lo sviluppo di queste è alla base della formazione umana integrale.
Ci sono persone che hanno una spiccata intelligenza teoretica e che quindi sono a loro agio nel sistema scolastico liceale e universitario; astrarre, applicare, dedurre, concettualizzare, approfondire, ricercare… sono i verbi coniugati da questo approccio alla realtà.
Ci sono poi persone che hanno una singolare intelligenza emotiva, che trovano, per altre vie, il modo di far fiorire i loro talenti attraverso il teatro, la danza, lo sport, il cinema, i circoli letterari e artistici…
C’è, infine, chi ha una spiccata intelligenza pratica e che rischia di finire vittima del vecchio pregiudizio che associa il lavoro manuale a quello degli schiavi e lo ritiene di rango inferiore ,ovvero giovani, meno portati allo studio di storia o matematica o fisica, che invece hanno una particolare propensione alla manualità: sanno smontare e rimontare un motore, diventano abili nella saldatura, sono creativi nel disegnare un modello di giacca o di abito, hanno la fantasia di cucinare piatti o di creare acconciature.
Modelli diversi di apprendimento possono avere piena cittadinanza nella formazione.
Puntando sull’intelligenza di ciascuno, tutti possono arrivare alla meta, che non è data da una quantità di nozioni uguale per tutti attraverso una piena consapevolezza delle proprie capacità.
Ogni giovane ha diritto di avere gli strumenti per vivere dignitosamente il proprio tempo con senso di responsabilità e competenza di conseguenza rafforzare l’impegno nella formazione professionale: porta a valorizzare l’intelligenza pratica come di alta dignità e restituisce ai giovani l’autostima che talvolta la scuola rischia di distruggere.
Il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro è verificabile in tanti settori dall’industria meccanica a quella agroalimentare; dal settore tessile e alla moda; dai servizi di alloggio e alla ristorazione (turismo), fino a considerare le attività avanzate di supporto alle imprese; commercio e meccatronica; industrie della carta, cartotecnica e stampa; i servizi informatici e delle telecomunicazioni; le industrie chimico-farmaceutiche, fino alla plastica e alla gomma.
Con il cambiamento tecnologico in atto in un prossimo futuro molti dei posti di lavoro tradizionali spariranno, mentre una buona percentuale di professioni si trasformerà.
Le sfide etiche non mancheranno, soprattutto di fronte al rischio di de-umanizzazione del lavoro, con la sostituzione dell’uomo con la macchina.
L’industria oggi ha bisogno di operai iperspecializzati, anche con competenze digitali, e c’è carenza di scuole che preparino i giovani ad acquisire le competenze richieste.
L’investimento fatto con i corsi di formazione professionale offre risposte all’altezza delle attese sia dei giovani, che hanno bisogno di maturare e formarsi, sia delle imprese che chiedono sempre più una qualificazione specialistica.La formazione diventa la discriminante per far fiorire le esistenze appassite e rassegnate in esistenze che spiccano il volo.
Alfredo Magnifico