Sono le parti sociali che con determinazione e coraggio devono svolgere il proprio ruolo, con questo invito la Cisl lancia una proposta agli altri sindacati e agli altri attori del mondo del lavoro, Confindustria in testa, per un nuovo modello contrattuale. Una questione che per il sindacato è urgente e una partita da chiudere prima della prossima Legge di stabilità, possibilmente a inizio autunno. Tra i punti di rilievo della proposta della Cisl spicca la presenza di un contratto nazionale “più votato alle tutele generali normative e salariali” e che “difenda il potere d’acquisto dei salari”.
E’ il contratto nazionale che nella proposta della Cisl fissa i minimi salariali ,ma con un rafforzamento della contrattazione di secondo livello aziendale e territoriale, con “l’istituzione di un salario di garanzia” che renda molto oneroso alle aziende non fare la contrattazione di secondo livello.
L’attuale sistema contrattuale è scaduto alla fine dello scorso anno, sistema che agganciava gli aumenti del contratto nazionale all’inflazione, o meglio all’indicatore Ipca (indice dei prezzi al consumo armonizzato al netto degli energetici importati),e non garantiva più ai lavoratori incrementi consistenti,il governo, d’altronde, ha deciso di non esercitare la delega sul salario minimo contenuta nel Jobs act per dare tempo alle parti sociali di raggiungere un accordo più ampio sulla riforma del modello contrattuale che sposti il baricentro sulla contrattazione decentrata (aziendale o territoriale) e sull’attuazione delle nuove regole sulla rappresentanza e sulla partecipazione dei lavoratori all’impresa.
La Cisl chiede ora al governo di sostenere una riforma della contrattazione che sia «capace di rilanciare la competitività delle imprese attraverso la valorizzazione del lavoro». Da qui l’idea di un contratto nazionale più votato alle tutele generali normative e salariali e alla governance del sistema di relazioni e meno alle normative di dettaglio, che fissi i minimi salariali in alternativa al salario minimo di legge e promuova la previdenza complementare, con l’obiettivo centrale di tutelare il potere d’acquisto dei salari. Indispensabile è poi rafforzare la contrattazione decentrata (un punto invocato anche da Confindustria) stabilendo nel contratto nazionale un salario di garanzia per chi non vara gli accordi aziendali o territoriali. Il modello prevede poi la partecipazione dei lavoratori, la promozione della «professionalità responsabile» che riconosce il ruolo del lavoratore oltre le mansioni e il potenziamento della formazione continua, migliorando la normativa delle 150 ore e introducendo la decontribuzione delle ore impiegate.
La Cisl chiama al dialogo Cgil e Uil sperando di poter superare le distanze che finora hanno separato i sindacati confederali. «Non è un sasso nello stagno, la riforma è urgente», ha spiegato Annamaria Furlan. Davanti a un governo che possa cedere alla «tentazione ormai sempre più forte» di un intervento di legge, per Furlan occorre «arrivare a un accordo che veda tutto il sindacato confederale e Confindustria condividere un documento perché il contratto non può diventare il campo da gioco e di scontro della politica». La posizione della Cisl è chiara: «Il contratto nazionale va mantenuto ma la produttività si realizza sul territorio. Noi abbiamo bisogno che anche Confindustria faccia una riflessione sul contratto territoriale». La partita, in sostanza, è ritenuta non più rinviabile. «Sentiamo molto parlare di modello tedesco», ha concluso Furlan. «Mi chiedo se si sappia che al centro del modello tedesco c’è la contrattazione».
Alfredo Magnifico