L’articolo 485 del codice penale punisce con la reclusione chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, formi, in tutto o in parte, una scrittura privata falsa, o alteri una scrittura privata vera. La fattispecie criminosa in esame è spesso addebitata a chi viene trovato in possesso di un documento contraffatto, con probabile, consequenziale, imputazione per il delitto di falso. Nonostante ciò, queste imputazioni spesso risultano imparziali, dando la possibilità al reo di mirareall’assoluzione. La figura criminosa della falsità in scrittura privata, infatti, ha una struttura complessa e si perfeziona solo con la combinazione di due distinti elementi:
– Il primo, che costituisce comunque il fulcro della condotta, consiste nella contraffazione, ovvero nella alterazione (che può realizzarsi anche mediante successive aggiunte) di un documento privato;
– Il secondo requisito, indispensabile affinché il reato si perfezioni, richiede invece l’utilizzo, da parte dell’agente, del documento contraffatto (anche per interposta persona).
Ciò detto è necessario che l’atto privato fuoriesca dalla disponibilità del singolo e produca effetti nocivi per i terzi con consequenziale vantaggio da parte dell’autore del reato; sicché occorre, ai fini dell’integrazione del delitto, l’ingresso del documento falso nel mondo dei rapporti giuridici. Ciò è stato correttamente confermato anche dalla giurisprudenza della Cassazione, che con sentenza n.° 53738/2014, sez. V, ha precisato come nel delitto di falsità in scrittura privata l’uso del documento sia parte integrante della condotta criminosa (nella fattispecie si trattava della falsificazione di un preventivo, di cui l’agente, però, non aveva fatto uso).
Altra condotta comune è quella della falsificazione dei talloncini dell’assicurazione, i cui artefici vengono spesso inquisiti ai sensi dell’art. 485 c. p.; ma affinché venga punita la contraffazione di un certificato assicurativo di un autoveicolo, sarà necessario per la Procura dimostrare il concreto utilizzo dello stesso e il suo rinvenimento sull’autovettura, ciò al fine di rendere inequivocabile lo scopo dell’agente di far apparire adempiuto l’obbligo di assicurazione per la responsabilità civile degli automobilisti (ossia il dolo); in caso contrario vi saranno per l’imputato concrete possibilità di proscioglimento (actore non probante, reusabsolvitur).
In conclusione si può affermare che non è la semplice contraffazione di un documento (come ad ex. cambiale, assegno, assicurazione, testamento, preventivo, ecc.) a configurare reato, ma il delitto si consuma nel momento in cui l’agente fa uso, per la prima volta, del documento falsificato (il tentativo, di conseguenza, non è configurabile).
avv. Silvio Tolesino