Il mio primo ingresso in una sede sindacale è stato nel 1977, ma già prima collaboravo con le Acli per risolvere qualche questione in quel di sant’Agapito in provincia di Isernia, da vecchio, in termini di età e di lavoro come rappresentante dei lavoratori, sempre a difesa degli ultimi, mi permetto di dare qualche suggerimento ai giovani colleghi e a chi governa.
Ripartiamo dalla base, riscopriamo i fondamenti minimi a partire dalla carta costituzionale, che al suo interno contiene i principi fondamentali destinati a governare il rapporto tra imprese e lavoratori.
Le leggi in materia lavoristica, approvate in parlamento avrebbero dovuto rispettare i paletti fissati dai padri costituenti, così è stato fino agli anni 80 con la contingenza che adeguava trimestralmente il salario all’inflazione e lo Statuto dei Lavoratori approvato nel 1970 che, dopo più di mezzo secolo, rappresenta ancora la pietra angolare su cui poggia il lavoro subordinato e con la contingenza
Il concetto di Lavoro è alla basa della carta costituzionale, che al suo interno contiene i principi fondamentali destinati a governare il rapporto tra imprese e lavoratori.
· L’art. 1 l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
· L’ art. 2 la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.
· L’art.3 E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
· Articolo 4 La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
· Art. 36 Il diritto a ricevere una retribuzione dignitosa.
· L’art. 37 la parità tra uomo e donna sul luogo di lavoro.
· l’articolo 39 sancisce la libertà sindacale.
Questi sono soltanto alcuni dei principi generali contenuti nella nostra carta costituzionale.
Le leggi approvate di volta in volta dal Parlamento dovrebbero o avrebbero dovuto rispettare i paletti fissati dai padri costituenti.
I numeri danno da una parte il record di occupati, dall’altra un’esplosione di NEET giovani che non studiano e non lavorano.
Negli ultimi decenni si sono susseguite una serie di riforme con l’obiettivo di aumentare la flessibilità o la precarietà, (dipende dai punti di vista), del mercato del lavoro.
Tra le più importanti leggi: il Pacchetto Treu del 1997, la Legge Biagi del 2003, la Riforma Fornero del 2012 e il Jobs Act del 2015; riforme che di volta in volta hanno forzato il legislatore, hanno vessato il vaglio della Corte Costituzionale e hanno distrutto la dignità e la tranquillità di chi lavora.
I contratti collettivi, che dovrebbero regolare i rapporti di lavoro dei dipendenti di un determinato settore produttivo e aggiornare le retribuzioni, o sono fermi al palo da decenni o sono stati firmati in peius, dalle stesse Organizzazioni sindacali CGIL-CISL-UIL.
Gli accordi raggiunti tra associazioni datoriali e sindacati non dovrebbero prevedere condizioni peggiorative rispetto a quelle stabilite dalla legge.
Nessun accordo individuale o collettivo aziendale dovrebbe mai intaccare i diritti garantiti dalla contrattazione collettiva (aziendale, territoriale, provinciale o regionale, dalla Contrattazione Nazionale, e da leggi e Costituzione.
Il Cnel in questo avendo al suo interno la rappresentatività del mondo imprenditoriale e sindacale potrebbe, invece che fare il depositario dei CCNL, il verificatore dei contratti, del salario minimo e della sicurezza sul lavoro.
Alfredo Magnifico