Le accuse in Confcommercio: «Ho dovuto subire un’atroce attenzione sessuale diventata giorno dopo giorno una vera e propria ossessione alla quale con tutte le mie forze mi sono ribellata». Il leader registrato in ufficio: «Mi devo confessare»
di Giuseppe Guastella da corriere.it
«Ho dovuto subire proprio dal mio massimo superiore (il Presidente Sangalli) un’atroce attenzione sessuale diventata giorno dopo giorno una vera e propria ossessione alla quale con tutte le mie forze mi sono ribellata. Ho cercato di ragionare con lui, ho pianto davanti a lui, l’ho supplicato di lasciarmi stare. Sono arrivata a dovermi difendere fisicamente da lui per togliere le sue mani che tentavano l’approccio sul mio corpo». Comincia così un lungo messaggio in cui la ex segretaria del presidente di Confcommercio accusa di presunte molestie sessuali lo stesso Carlo Sangalli a partire dal 2010. Il messaggio risulta inviato il 20 marzo 2014 al cellulare di Duilio Aragone, uno dei principali collaboratori di Sangalli, ed è contenuto in una consulenza tecnico-legale eseguita su incarico della signora a settembre scorso, tre mesi dopo la lettera con la quale tre vice presidenti chiedevano a Sangalli di dimettersi per «ragioni etico-morali». Aragone ha detto di aver ricevuto dalla signora solo una lamentela su questioni di sistemazione alberghiera, dicendole di adeguarsi alle decisioni della direzione; Sangalli di non aver mai saputo niente del messaggio. La donna non mai presentato denuncia.
Lo sfogo via messaggio
«Questa vicenda mi ha logorato, per un lungo periodo, nella mente e nel fisico» scrive la ex segretaria, che, dicendosi «impossibilitata a parlare», premette che lavora in Confcommercio da 30 anni con «dedizione, professionalità e serietà» che le hanno consentito di ottenere meritati successi. «Sono arrivata — prosegue — a vomitare spesso nel bagno dell’ufficio, ad avere uno stress tale da dover ricorrere per ben due volte al pronto soccorso per tachicardia e pressione altissima», ma di non aver mai detto nulla «per sconcerto e timore di essere coinvolta in uno scandalo». Fino a quando si è confidata ad alcuni colleghi che l’hanno aiutata a superare il disagio e «la paura di quell’uomo da me prima tanto stimato e rispettato e ora divenuto il mio carnefice». Solo dopo essersi rivolta ai suoi superiori, tra i quali include Aragone, sarebbe stata trasferita nell’ufficio del direttore generale Francesco Rivolta, che ha testimoniato alla donazione di fronte a un notaio ed è stato licenziato a ottobre da Sangalli che lo ha anche denunciato con la signora e i tre vice presidenti (Maria Luisa Coppa, Renato Borghi e Paolo Uggé) per estorsione e diffamazione. Dal messaggio esaminato nella consulenza, consegnata all’avvocato Paolo Gallinelli, legale della signora, si evince che i problemi non finirono. Si parla di una «persecuzione», ma «sotto altre spoglie», di voler «lavorare serenamente, come gli altri dipendenti» e di non avere problemi «durante una missione di lavoro, a dormire in un albergo o in un altro». «Quindi ora… basta! Ripeto voglio essere lasciata in pace, la mia pazienza è veramente terminata», prosegue rivolgendosi ad Aragone: «Confido in Lei come padre premuroso per le sue figlie alle quali non vorrebbe mai, sicuramente, che accadesse loro quello che è accaduto a me». Aragone risponde, secondo quanto appare nella consulenza, così: «Come arrivo a Cernobbio desidero parlarti con molta riflessione, tranquilla e un forte abbraccio». Il giorno dopo, quello del Forum della Confcommercio, alle 7,47 Aragone manda un sms: «Se questa mattina vuoi parlarti (probabilmente un refuso: parlarmi, ndr) vorrei dirti alcune cose altrimenti fai come ritieni opportuno». La segretaria è stupita: «Ha avuto la sensazione che io non le volessi parlare? Per me quando vuole fa solo bene». Quindi si accordano per vedersi «verso le 10,30». A confermare che nel 2014 la donna si fosse sfogata raccontando dei suoi problemi con Sangalli è Pietro Agen, un ex vice presidente dell’Associazione. «Un collega e amico mi disse che la signora, mesi prima del settembre 2014, gli aveva parlato di molestie sessuali», dichiara Agen, e aggiunge: «Il fatto stesso che già ci fosse stato un trasferimento, mi confortava nei sospetti che fosse accaduto qualcosa».
Il faccia a faccia
Nella consulenza c’è anche un video realizzato nell’ufficio di Sangalli a Roma. Ci sono solo poche immagini degli arredi. C’è, però, l’audio di una conversazione tra Carlo Sangalli e la signora cominciata alle 10,07 del 4 aprile 2012, due anni prima del messaggio ad Aragone. Si parla di questioni di lavoro, poi la segretaria ringrazia il suo capo per un aumento di stipendio. «Io non c’entro niente! Eh, bene, sono contento», risponde lui. Quindi la signora esordisce: «Non posso più lavorare per lei». «Perché?», domanda Sangalli. «Perché non ce la faccio, perché questa situazione mi sta creando veramente disturbi psicologici». Lui pare non capire: «Quale situazione?». «Questa qui nostra, insomma, nostra nel senso queste, magari, queste cose un po’… queste attenzioni, queste cose io non, non riesco a… non riesco presidente», prosegue assicurando di non voler creare «alcun problema. Ma sa che vuol dire alcun problema? Nulla!» e offre un pretesto da raccontare all’esterno: «Dirò semplicemente che non riesco a tenere più, diciamo, le, le due segreterie, perché comunque è un lavoro non indifferente. Quindi la scusa tiene, tiene benissimo».Sangalli è stupito: «Ma cosa c’entra, ma come, dai». Insiste perché resti, ma lei ribadisce il concetto: «Dico che rimanendo così il rapporto si deteriora». «No, non si deteriora…», assicura lui invitandola: «Resta come, come l’inizio. No, no, non fare casini». La donna non pare convinta: «Sì presidente. Anche un mese fa, si ricorda, avevamo detto basta». «Basta, basta, basta, basta», ripete Sangalli. Lei: «E invece poi non è così».«Da parte mia basta. No basta basta, basta, basta, basta», la interrompe. «Eh da parte sua! È da parte sua! Perché non è che sono io che… capito?» puntualizza la signora. Sangalli le chiede che resti ancora un mese, assicurando che: «No è chiuso, va che non succede più» e chiude l’argomento con un «devo andare a confessarmi. Eh allora basta eh». «Quindi che fa? Si confessa e via, finisce tutto», replica la donna.