Riceviamo e pubblichiamo
Dopo aver letto, sui giornali le previsioni dell’Ocse sull’economia italiana e le considerazioni del Presidente del consiglio aumentano le mie preoccupazioni, mi sarei aspettato precisazioni più puntuali e documentate, invece trovo dichiarazioni superficialmente ottimistiche contrastanti con la realtà, oserei dire che sfiorano la mistificazione.
Paolo Savona l’otto ottobre disse: “Io, e non sono l’ultimo sulle previsioni econometriche, ritengo tecnicamente che possiamo arrivare al 2% di crescita nel 2019, invece dell’1,5 per cento, e l’anno dopo al 3 per cento”. Dove sono finite queste previsioni?
Un Governo serio dovrebbe avere il coraggio di spiegare con rigore quale è la situazione, penso sia arrivato il momento di smetterla di illudere le persone con pietose bugie; ci ritroviamo con economia e lavoro a crescita zero.
Al di là degli slogan sugli effetti miracolosi del decreto dignità a Cinque Stelle o quota cento leghista, guardando gli ultimi dati Istat sull’occupazione si capisce come sul fronte del mercato del lavoro non si muove foglia se non per qualche piccola oscillazione mensile a febbraio -0,1% (il mese prima +0,1%) e la disoccupazione in risalita dell’1,2%,il mese prima +0,6%, ormai non si crea nuovo lavoro, a giugno, quando si è insediato il governo, il tasso di occupazione era il 58,7%, otto mesi dopo al 58,6%, con 200mila occupati in meno, il tasso di disoccupazione giovanile cresce dal 32 al 32,8% da giugno a febbraio, con l’Italia al secondo posto tra i peggiori in Europa dopo la Grecia e prima della Spagna.
Con la recessione del secondo semestre 2018, emergono difficoltà economiche e incertezze sugli effetti di assunzioni e mancati rinnovi legati al decreto dignità, che ha introdotto regole più ferree sui contratti a tempo determinato, cosi che a febbraio 2019 gli occupati sono diminuiti di 14mila unità, anche se su base annua se ne contano 113mila in più, i posti di lavoro aumentano, confrontati con l’anno scorso, ma con intensità inferiore rispetto alla media del 2018, a febbraio i disoccupati sono aumentati di 34mila unità, mentre gli inattivi sono 14mila in meno, sintomo che tra i nuovi disoccupati c’è sia chi ha perso il lavoro sia chi ha cominciato a cercarlo.
A calare sono i dipendenti: 44mila in meno in un mese, -33mila tra quelli che avevano un contratto a tempo indeterminato, e 11mila tra quelli a termine, tra questi l’Istat ne conta 17mila in meno in tre mesi, interrompendo una crescita che andava avanti da tempo, causa il giro di vite sui requisiti per sottoscrivere i contratti a termine introdotto dal decreto dignità, che, abbinato alla spinta della flat tax per le partite Iva fino a 65mila euro, spiega la nuova impennata di 30mila unità in un mese tra i lavoratori autonomi, avvalorando l’idea sulla ripresa del vecchio fenomeno delle finte partite Iva.
Vittime la generazione tra i 35 e i 49 anni, priva di incentivo ad hoc alle assunzioni, in questa fascia gli occupati a febbraio sono 74mila in meno, in un anno, 216mila in meno, con 954mila disoccupati e 2,5 milioni di inattivi è la fascia su cui pesa non solo la recessione, ma anche le crisi aziendali in aumento e gli esuberi, a cui si sta facendo fronte da un lato con il boom di domande della Naspi (+13,4% a gennaio) e dall’altro con la proroga della cassa integrazione straordinaria, prevista non a caso anche nel decretone di governo.
I dati Inps sulle assunzioni, riferiti a gennaio 2019, mostrano un notevole incremento delle trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato, da 58mila a 115mila, rispetto allo stesso mese del 2018, con un calo di assunzioni, nello stesso lasso di tempo, del 15%: meno 50mila quelle a termine e meno 70mila quelle in somministrazione, in alcuni settori, come i call center, il decreto dignità ha generato un maggiore turnover tra gli occupati a termine, mentre in alcuni distretti industriali le agenzie di somministrazione cominciano a fare fatica nella ricerca di figure specializzate da rimpiazzare con altri contratti a tempo.
Da novembre 2018 a gennaio 2019, terminato il periodo transitorio con il decreto dignità entrato a regime si contano oltre 679mila cessazioni di rapporti a termine e oltre 278mila cessazioni di contratti in somministrazione.
Il reddito di cittadinanza, che non richiede un minimo di contributi versati all’Inps porterà, probabilmente, a un aumento dei licenziamenti soprattutto per i rapporti lavorativi più brevi e la penalizzazione per le famiglie con componenti che abbiano dato le dimissioni negli ultimi dodici mesi rischia di rafforzare il canale dei licenziamenti per interrompere i rapporti lavorativi. A meno che, ovviamente, non si attivino davvero le politiche del lavoro con i non ancora pervenuti navigator, che dovrebbero essere in grado di trovare un impiego ai beneficiari, nei prossimi mesi il tasso di disoccupazione potrebbe salire per una maggiore riattivazione di soggetti ai margini. In questo caso, il segno più davanti al numero dei disoccupati sarebbe una notizia positiva per uscire dalla palude.
Alfredo Magnifico