Crisi, impennata di lavoro nero e salari dimezzati

La crisi ha spinto il lavoro nero a livelli record e costretto tante persone ad accettare qualsiasi impiego, anche per pochi euro,lo dice un Focus Censis – Confcooperative che riporta dati drammatici sulla situazione del lavoro; i lavoratori irregolari sono a quota 3,3 milioni, in media un’ora di lavoro viene pagata a 8,1 euro anziché 16, con un’evasione tributaria e contributiva arrivata a quota 107,7 miliardi.
Le imprese che ricorrono al lavoro irregolare riducono il costo del lavoro del 50% ed oltre mettendo spesso fuori mercato le aziende che operano nella legalità e mettono una grave ipoteca sul futuro dei lavoratori lasciandoli privi delle coperture previdenziali, assistenziali e sanitarie generano un’evasione contributiva stimata in 10,7 miliardi ed un’evasione complessiva pari a 107,7 miliardi calcolando anche i buchi dell’Iva (36 miliardi), dell’Irpef (35) e dell’Irap (8,5).
La crisi ha prodotto un abbassamento della soglia di continuità, permanenza e stabilità del reddito e del lavoro, che per molti si è tradotto in una rincorsa affannosa a un lavoro a ogni costo, all’accettazione di condizioni lavorative peggiorative e, nello stesso tempo, alla diffusione di comportamenti opportunistici che hanno alimentato l’area dell’irregolarità nei rapporti di lavoro, l’evasione fiscale e contributiva, il riemergere di fenomeni di sfruttamento del lavoro.
In pratica la metà delle persone rimaste senza lavoro a causa della crisi sono stati risucchiati nell’illegalità. Nel periodo 2012-2015 mentre nell’economia regolare venivano cancellati 462 mila posti di lavoro (260mila riconducibili a lavoro svolto alle dipendenze e 202mila nell’ambito del lavoro indipendente), la schiera di chi era occupato illegalmente cresceva di 200 mila unità, arrivando a superare quota 3,3milioni, mentre l’occupazione regolare si è ridotta del 2,1%, l’occupazione irregolare è aumentata del 6,3%.
All’espansione del lavoro fuori dalle regole ha contribuito in maniera prevalente l’occupazione dipendente (+7,4%), mentre sul fronte dell’occupazione regolare è la componente indipendente che in termini relativi ha subito un maggiore ridimensionamento (-3,7%). Quanto agli stipendi è nel settore industriale che si registra il divario maggiore tra retribuzione lorda oraria regolare (17,7 euro) e retribuzione percepita da un irregolare (8,2 euro, ovvero il 53,7% in meno), seguono i servizi all’imprese (-50,3%, 9,5 euro anziché 19,1). Nei servizi in generale lo scarto è invece del 46,8%, nelle costruzioni del 41,4%. In agricoltura, dove la retribuzione oraria è più bassa, la differenza non supera il 36% (35,7): un’ora di lavoro è infatti pagata 6,3 euro anziché 9,8.
Superfluo sostenere che chi si butta nell’illegale trae un vantaggio competitivo attraverso il taglio irregolare del costo del lavoro con diritti negati e lavoratori sfruttati, false cooperative sfruttano oltre 100.000 lavoratori.
L’utilizzo di lavoro sommerso vede ai primi posti l’impiego di personale domestico da parte delle famiglie, per il 60%, a seguire,le attività agricole e terziarie con il 23,4% e 22,7%, piuttosto elevata la quota di irregolari nel settore alloggi e ristorazione, con il 17,7%, e nelle costruzioni (16,1%). (13,5%) trasporti e magazzinaggio (10,6%), al commercio (10,3%), a livello territoriale, riguardo all’incidenza lavoro irregolare sul valore aggiunto regionale, Calabria e Campania con le percentuali più alte ( 9,9% e 8,8%),Sicilia (8,1%), Puglia (7,6%), Sardegna e Molise (7,0%).
Alfredo Magnifico

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