Crescono gli occupati, calano i salari. Il modello Italia fa acqua da tutte le parti

Istat conferma la crescita dell’occupazione rispetto al IV° trimestre 2022 con un più 2,3%; 533 mila occupati in un anno, 492 mila a tempo indeterminato e a tempo pieno.

Nel quarto trimestre 2023 gli occupati sono 23 milioni e 810 mila, il 40,7%, su 10 persone, 4 lavorano e 6 no.

Al netto di pensionati e giovani, ci sono più di 12 milioni di persone che non lavorano, il 20% della popolazione, il numero delle persone che lavora può crescere, si potrebbe far lavorare alcuni di questi 12 milioni di persone, cosi da sentire meno imprenditori che si lamentano di non avere braccia, per sentire meno lamentele basterebbe alzare i salari….

Istat agglomera inattivi, pensionati, studenti , quelli che aspettano una risposta da una selezione o concorso e quelli hanno problemi, ad esempio di salute, restano due grandi gruppi: gli scoraggiati, circa un milione, e quelli con problemi di famiglia 2.713 mila, quasi tutte donne (2 milioni e 600 mila).

Gli scoraggiati hanno provato a cercare un lavoro, ma troppe delusioni li hanno resi inattivi, le donne che hanno carichi di famiglia potrebbero lavorare se avessero servizi disponibili che costano meno del loro salario.

Per far crescere l’occupazione da una parte occorre una politica del lavoro più efficace con una riduzione di: sussidi, pensioni sociali, evasione fiscale, costi di assistenza sociale e sanitaria, dall’altra serve una condizione di servizi che consenta la libera scelta fra stare a casa a badare ad anziani e bambini o andare a lavorare.

Serve far crescere l’educazione e la formazione: i senza titolo di studio hanno un tasso di occupazione del 45%, i laureati dell’82%.

I tassi di occupazione al nord sono al 70%, al sud sotto il 50%, gli stranieri sono al 62,8% e gli italiani al 62%, le donne italiane hanno tassi di occupazione maggiori rispetto alle donne straniere.

Istat segnala che in un anno il costo del lavoro è cresciuto del 3,4% e solo del 3,3% per la parte retributiva, il resto sono oneri sociali cresciuti del 3,6%, un tasso medio di crescita che resta sotto la crescita dei prezzi; anche ora che l’inflazione rallenta i prezzi continuano a salire, il potere d’acquisto perso nel passato non si recupera.

Gli impatti negativi sui consumi si sentono e a loro volta impattano sul lavoro stesso. La cassa integrazione a fine 2023 ha ripreso a salire.

L’industria risente il peso negativo maggiore a causa della condizione internazionale e nazionale, in compenso crescono i servizi.

Nel trimestre la crescita delle ore lavorate è stata dello 0,8%, mentre il Pil è cresciuto dello 0,2%; in parole semplici il lavoro è cresciuto ma con più bassa produttività.

In poche parole; più persone trovano lavoro, forse anche più stabile ma di sicuro meno produttivo a fronte di salari reali più bassi, si può spingere su questo modello di crescita ancora per molto tempo, ma non all’infinito, prima o poi il modello scoppia.

Alfredo Magnifico

Commenti Facebook