Come funziona la contestazione disciplinare del dipendente

Può capitare che un lavoratore si comporti in modo tale da ledere il legame fiduciario con l’azienda, in questo caso, il datore di lavoro può contestare le violazioni commesse dal dipendente instaurando un procedimento disciplinare, ad esito di questo procedimento sarà l’azienda a valutare se procedere o meno con una sanzione disciplinare o con il licenziamento.

Questo vale anche per il dipendente che va via con l’incasso del giorno, anche lui deve ricevere per iscritto le accuse dell’azienda prima di essere licenziato.

Se manca la lettera di contestazione o “carta scritta”, il datore di lavoro potrebbe essere costretto a reintegrare il lavoratore.

A differenza dei Film americani dove il capo liquida il sottoposto con un perentorio «you are fired» dopo aver scoperto qualche malefatta, la procedura da noi  è leggermente più complessa e un datore di lavoro che caccia il dipendente su due piedi rischia di mettersi in un bel guaio.

La Legge 300- statuto dei lavoratori, il contratto di lavoro mettono nero su bianco un rapporto di lavoro che si basa principalmente sulla fiducia tra impresa e dipendente.

La contestazione disciplinare è un elemento che deve precedere la sanzione disciplinare e anche il licenziamento, pure nel caso in cui il lavoratore si sia reso responsabile di condotte particolarmente gravi.

Il dipendente che va via con l’incasso del giorno deve ricevere per iscritto le accuse dell’azienda prima di essere licenziato.

Si tratta di una procedura che ha l’obiettivo di tutelare la posizione del dipendente e la sua possibilità di difendersi nel merito.

Se manca la contestazione disciplinare, le conseguenze per il datore di lavoro sono piuttosto serie.

La Corte di Cassazione, infatti, recentemente ha ribadito con l’ordinanza n. 28927 depositata l’11 novembre 2024 – In tema di licenziamento disciplinare, il radicale difetto di contestazione dell’infrazione determina l’inesistenza dell’intero procedimento, e non solo l’inosservanza delle norme che lo disciplinano, con conseguente applicazione della tutela reintegratoria, di cui al comma 4 dell’art. 18 della legge n. 300 del 1970, come modificato dalla legge. n. 92 del 2012, richiamata dal comma 6 del predetto articolo per  il  caso  di  difetto  assoluto  di giustificazione  del  provvedimento espulsivo, tale dovendosi ritenere un licenziamento disciplinare adottato senza contestazione di addebito, con la conseguente reintegra del lavoratore in azienda.

A volte la forma diventa sostanza e l’impresa potrebbe essere costretta a reintegrare il dipendente che aveva licenziato a seguito di gravi illeciti.

La mancata contestazione dei fatti potrebbe essere considerata come indice del fatto che l’impresa non abbia ritenuto disciplinarmente rilevanti le condotte poste in essere dal dipendente.

Qualora il lavoratore abbia compiuto azioni di una gravità tale da ledere immediatamente il rapporto fiduciario con l’impresa, è possibile ricorrere alla cosiddetta sospensione cautelare con la quale il dipendente viene allontanato dall’azienda per il tempo strettamente necessario ad accertare i fatti.

Alfredo Magnifico

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