Che ne sarà del salario minimo?

Al di là dello scontro politico tra destra e sinistra sulla proposta di 9 euro ora avanzata dai partiti di opposizione, in Italia di Salario Minimo non se ne parla, al momento la discussione si è sviluppata solo a livello locale, dove sono emerse proposte di salari minimi territoriali, da Milano alla Regione Puglia.

Bruxelles indica due modi per combattere il lavoro povero: una copertura minima dei contratti collettivi nazionali all’80% o l’introduzione del salario minimo per legge.

La direttiva fissa il criterio della «double decency», che prevede un salario minimo pari al 60% del salario mediano lordo e al 50% del salario medio lordo.

La maggior parte dei Paesi europei ha una legislazione sul salario minimo, tranne cinque: Danimarca, Svezia, Austria, Finlandia e Italia, anche Cipro, nel 2023, ha introdotto il salario minimo.

La Confederazione europea dei sindacati, Ces, lo scorso mese ha lanciato la piattaforma online “Wage-up” che monitora i progressi nell’attuazione della direttiva, aggiornata al 14 ottobre.

Finora, solo otto Stati membri hanno approvato le leggi per adeguare le norme nazionali, la Lituania è intervenuta di recente con un emendamento al Codice del lavoro, la Repubblica Ceca e Ungheria si sono mosse, la Grecia ha presentato da poco un progetto di legge, Germania, Irlanda e Slovenia, non ritengono necessaria alcuna azione legislativa, perché le normative interne già soddisfano i requisiti minimi fissati dall’Ue.

L’Italia, al momento è inadempiente, probabilmente Roma seguirà l’esempio della Germania, considerando che il tasso di copertura dei Ccnl risulta superiore all’80%, ma dovrà comunicare a Bruxelles di essere in linea con le prescrizioni europee, in teoria, non c’è un problema di mancata copertura di contrattazione collettiva, anche se la percentuale indicata dall’Ue, come soglia minima, andrebbe considerata settore per settore, visto che in alcuni comparti i  contratti sono molto diffusi e in altri lo sono molto meno, ed è lì che si annida il lavoro povero, resta da capire se i contratti maggiormente utilizzati prevedono  trattamenti salariali adeguati.

Sui circa mille contratti registrati al Cnel, i più rappresentativi sottoscritti da Cgil, Cisl e Uil sono una minima parte, ma coprono il 97% dei lavoratori, c’è ilsospetto che le informazioni comunicate all’Inps e al ministero del Lavoro non siano le stesse.

I dati Inps e Cnel scorporati dicono che sono circa 290 mila i lavoratori a cui è applicato un contratto rappresentativo con un salario inferiore ai 9 euro lordi indicati dalla proposta dei partiti di opposizione.

I lavoratori poveri si trovano nei livelli più bassi dei contratti dei multiservizi, vigilanza privata, artigianato, cooperazione, commercio, a questi si aggiungono gli oltre 700mila lavoratori domestici e i 950 mila addetti all’agricoltura, oltre all’alta diffusione di lavoro irregolare, discontinuo e occasionale e i part-time involontari, che sono le vere cause del lavoro povero in Italia. Per questi pur esistendo, la contrattazione collettiva non può nulla per adeguare gli stipendi.

La legge del 21 febbraio 2024, conferisce la delega al governo per il recepimento delle direttive europee, compreso il salario minimo, anche se non ci sono disposizioni specifiche, era previsto un adeguamento della norma entro il 15 luglio scorso, che non c’è stato, la direttiva prescrive agli Stati membri di raccogliere i dati, monitorare e rendere disponibili tutte le informazioni sui salari.

L’Italia non ha un sistema di monitoraggio dei contratti collettivi che permette ai lavoratori di conoscere con facilità gli stipendi previsti. Si possono trovare i minimi tabellari, esiste al Cnel l’archivio nazionale dei contratti collettivi, ma pubblica i rinnovi e non i testi consolidati, quindi è difficile per un lavoratore conoscere in maniera trasparente le dinamiche retributive, gli scatti, gli aumenti ecc.

Con il 15 novembre, scaduti termini, senza un adeguamento, l’Italia si espone ad una procedura di infrazione da parte della Commissione europea, un’altra, nel lungo elenco di infrazioni che già ha collezionato.

Alfredo Magnifico

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