Anche questo 2018 volge al termine e questi ultimi 12 mesi certamente non rimarranno alla storia per essere stati quelli in cui si è invertita la rotta della nostra Regione. Le aspettative, rispetto agli annunci di infinite campagne elettorali, erano alte e tutti sognavamo un bell’albero (magari quello stupendo di Trivento, simbolo di creatività ed entusiasmo) con tanti doni ai suoi piedi.
E cosa avremmo voluto trovare sotto quel capolavoro all’uncinetto?
Pacchi regalo pieni di concretezze e non più parole ma fatti, atti, determinazioni e soluzioni vere e praticabili.
Un pacco regalo per i lavoratori della Gam: non solo con la certezza del prolungamento della cassa integrazione, ma l’impegno a sbrogliare l’intricata matassa di clausole e accordi (raggiunti un po’ a Roma e un po’ da noi, un po’ in chiaro e un po’, sembrerebbe, sotto traccia) fino a ritrovare presto un posto di lavoro vero. Con i tanti segni di responsabilità che hanno dato in questi anni, un regalo così se lo meriterebbero proprio.
Un regalo dovrebbero trovarlo anche i lavoratori dello Zuccherificio ormai stremati da troppe promesse, alcuni impegni, finanziamenti ai comuni che li avrebbero impiegati in un qualche lavoro, ma poi non se n’è fatto nulla. Che bella sarebbe una prospettiva vera, una formazione se serve, ma presto un lavoro che tale sia, sicuro, remunerato, stabile, dignitoso.
E come lasciare fuori le lavoratrici del polo tessile isernino? Anche per loro in questo Natale sarebbe stato necessario prevedere un pacco con ancora un po’ di ammortizzatori sociali (se ce n’è, se si può) in attesa di manifestazioni di interesse di un qualche imprenditore che, adeguatamente sostenuto, avesse investito sulle loro professionalità.
I dipendenti FCA un regalo, assolutamente meritato vista la loro professionalità, competenza e dedizione, l’annuncio di un regalo lo hanno avuto nei giorni scorsi con la comunicazione aziendale dei nuovi piani industriali. Ora aspettano la loro concretizzazione, e sarebbe bello assistere al rientro in attività e magari la stabilizzazione dei tanti somministrati, persi per strada negli ultimi mesi.
Un edilizia che riparte (magari anche grazie al pagamento di lavori già fatti dalle imprese ed a qualche, serio e strutturale, incentivo per le ristrutturazioni di abitazioni e investimento per la messa in sicurezza di strade e territori) avrebbe fatto da sola un bel regalo ai tanti lavoratori che negli anni sono stati lasciati a casa, con ammortizzatori finiti e a tirare avanti con qualche lavoretto forse in nero. E se riparte il settore delle costruzioni, lo sappiamo, riparte tutta l’economia.
E ancora, avremmo voluto un pacco per tutto il manifatturiero molisano, magari attraverso la quasi dimenticata area di crisi complessa (e anche quella che complessa non è) e che la stessa Zes, “che si fa con la Puglia e non più con l’Abruzzo” (unico dato ufficiale comunicato anche alle sigle sindacali ma… ancora nulla si muove), non restasse solo sulla carta o nelle intenzioni.
E dietro l’angolo c’è l’industria 4.0, l’investimento sulle competenze, la burocrazia zero, l’accompagnamento agli investimenti. E su questo aspetto, in un Molise che corre il rischio -nuovamente- di mandare indietro i soldi a Bruxelles, vorremmo partecipare nel recuperare un poco di progettualità, una manciata di concretezza, un rigurgito di orgoglio. Sarebbe utile che gli amministratori a vari livelli facessero memoria di quanto declamato in campagna elettorale: solo qualche mese fa, tutti assicuravano di essere pronti, di avere idee e progetti, che la ripartenza economica sarebbe stata bruciante. Ma, al momento, sembrerebbero bruciate solo ulteriori opportunità e le disponibilità dei tanti lavoratori che a lavorare non stanno, dei giovani laureati e volonterosi che, lo dice la Svimez, regaliamo alle regioni del nord Italia quando non agli altri Paesi.
E poi, anche per il variegato mondo dell’agricoltura avremmo voluto trovare un regalo. Un regalo certo per quanti assicurano l’eccellenza dei nostri prodotti, per le imprese grandi e piccole che danno lavoro di qualità, che rispettano i contratti riservando magari cenere e carbone per coloro che sfruttano gli immigrati e gli autoctoni fatti lavorare per pochi euro all’ora e che tengono vivo il caporalato.
E a proposito di chi i pacchi li fa, uno lo meritavano i tanti lavoratori del commercio che aspettano da anni la revisione della legge quadro regionale per capire se di soli supermercati (dove pure gli stessi lavoratori operano in condizioni lavorative che necessitano di interventi) deve vivere il nostro territorio, con i centri dei paesi che si desertificano, e per quelli del turismo che una legge regionale non l’hanno mai avuta e che ben sanno quali potenzialità ha la nostra cultura, la gastronomia, la bellezza del paesaggio e dei centri interni.
E tutto il variegato mondo dei lavoratori dei servizi, che supportano le altre aziende e le strutture pubbliche con mense, lavanderie, guardania e controllo del territorio.
E quando parliamo di servizi, incontriamo loro: gli operatori dei trasporti, con stipendi non pagati, con diritti calpestati, con aziende sull’orlo del fallimento, con una regione che troppo spesso (non sempre, bisogna essere sinceri) ha girato la testa dall’altra parte. Anche a loro avremmo regalato un po’ di serenità, che diventa sicurezza e serenità anche per gli studenti trasportati, per i lavoratori che devono raggiungere il posto di lavoro, su strade malconce e che non bastano certo le poche decine di dipendenti (precari) Anas a sistemare.
Un regalo culturale andrebbe fatto al variegato mondo della conoscenza, con un piano didimensionamento scolastico discusso e partecipato (magari insieme ai sindacati, rappresentanti dei lavoratori), con una legge sull’istruzione e sul diritto allo studio, con una interazione costante che valorizzi la programmazione per la cosiddetta “terza missione” dell’Università sul territorio e con la progettazione di una sede degna che contribuisca a tutelare il conservatorio Regionale.
Un pacco speciale, lo avremmo voluto per i tanti lavoratori precari nelle pubbliche amministrazionidi ogni ordine e grado, che da tempo ambiscono alla stabilizzazione, restituendo dignità al lavoro che svolgono nell’interesse dell’intera comunità, anche a supporto di altri dipendenti pubblici che, sotto numero rispetto a quanti ne servirebbero, tirano avanti a fatica, spesso facendo da parafulmini alle lamentele dei cittadini delusi. Ed è così nella sanità e fra poco capiremo bene come intenda reimpostarla il nuovo commissario (chissà che venga fuori il confronto col sindacato che i politici, quelli di prima e quelli di oggi, hanno sempre promesso e poco praticato), nei centri per l’impiego (che ascoltano meravigliati gli investimenti che ora vengono annunciati, dopo che per anni sono stati, loro si, rimpallati fra competenze e amministrazioni), nella formazione professionale (mai abbastanza utilizzati in un territorio che di competenze e saperi ha un gran bisogno), nella protezione civile, negli uffici statali, fra le forze di polizia e della sicurezza, fra i vigili del fuoco.
Un pensiero nostro c’è anche per i lavoratori della comunicazione, che hanno passato settimane difficili fra tagli dei sostegni all’editoria (come se questa fosse un’attività economica come le altre e non un baluardo di democrazia) e inadeguata valorizzazione del loro ruolo, fra stipendi magri e carriere discontinue e con poca prospettiva. Anche per loro un dono con dentro un cambiamento vero.
E l’ultimo pacco, forse il più grande, il meglio incartato sarebbe stato proprio per i nostri pensionati. Loro, con magre pensioni, che hanno imparato a diffidare di chi assicura aumenti consistenti; loro con una sanità rattoppata e poco o nulla per la non autosufficienza. Loro che sono, da anni, l’ammortizzatore sociale delle famiglie dei figli disoccupati e dei nipoti studenti fuori sede. Loro che sono dovuti scendere anche in piazza per salvaguardare il diritto ad aiutare i loro cari, prima che sé stessi.
Questo era il nostro albero immaginario, con un pensiero per tutta la nostra gente che merita un qualcosa da scartare. Per Natale non ce la si è fatta. Alla Befana non crediamo da tempo. Ma siamo fiduciosi che qualcosa si possa ancora fare in questo 2019 che vediamo dietro l’angolo, anche attraverso quel confronto che il Sindacato chiede da tempo alle Istituzioni e che chiederà all’infinito, perché noi, davvero vogliamo il bene di questa terra. E da domani continueremo a lavorare al fianco di tutti, tenendoci stretti i nostri valori di solidarietà e coesione sociale, fin quando ognuno non avrà il suo regalo. E lo faremo mettendo in campo tutte le nostre energie, le nostre proposte e le nostre rivendicazioni. Non solo le nostre parole. Buon anno nuovo e buon futuro al nostro Molise e a tutti i molisani.
CGIL
CISL
UIL