Cassazione penale: chi utilizza dispositivi per vedere Sky senza pagare l’abbonamento rischia il carcere e una multa

Tempi duri per chi utilizza Sky senza pagare il canone. Rischia il carcere e una multa chi guarda i programmi criptati di Sky senza pagare il canone: per la Cassazione penale con la sentenza 46443/17, pubblicata in data odierna, dev’essere sanzionata penalmente ai sensi dell’articolo 171 octies della Legge sulla Protezione del Diritto d’Autore (L. 633/41), la condotta di chi installa in casa un decoder collegato alla Lan domestica e all’impianto satellitare così da rendere visibili i canali televisivi dell’emittente a pagamento in assenza della smart card originale. Inoltre, il reato si concretizza con qualsiasi modalità venga elusa la protezione dei programmi criptati perché ciò che conta è l’intento fraudolento di chi vuole godere della visione senza pagarne i servizi. Nella fattispecie i giudici della terza sezione penale della Suprema Corte hanno confermato la duplice condanna inflitta sia in primo grado dal Tribunale di Palermo che dalla Corte d’appello del capoluogo siciliano nei confronti di un cittadino che si era difeso anche innanzi alla Cassazione ritenendo che i giudici territoriali avessero fondato il verdetto di colpevolezza sul sistema del card sharing, ravvisabile in presenza del Kit sharing consistente in un decoder e in una smart card collegata, come l’imputato avesse potuto accedere alla visione dei canali Sky in assenza di una smart card, mai rinvenuta presso la propria abitazione, senza tenere conto della versione fornita dallo stesso, che aveva affermato di aver acquistato i codici di decodifica sul web.

Per gli ermellini, a nulla vale questa giustificazione: la condotta di chi utilizza dispositivi che consentono l’accesso ai servizi criptati come la televisione satellitare, è «espressamente sanzionata» dall’articolo 171 octies Lda indipendentemente dalle concrete modalità con cui l’elusione venga attuata, evidenziandone la finalità fraudolenta nel mancato pagamento del canone applicato agli utenti per l’accesso ai suddetti programmi. E ciò anche al di là del fatto che l’utilizzo del sistema truffaldino sia privato o pubblico. Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, si tratta di una sentenza esemplare che costituisce un precedente che desterà senz’altro allarme tra quanti continuano con svariati sistemi a decriptare il segnale delle TV a pagamento. Alla fine è sempre meglio evitare di continuare con queste prassi per evitare che la fedina resti macchiata in conseguenza di un fatto che purtroppo è percepito da tanti come completamente inoffensivo e non degno di comportare addirittura una condanna penale.

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