Boom di dimissioni per neomamme

Secondo i dati forniti dall’Ispettorato nazionale del lavoro 24.618 donne si sono licenziate, per impossibilità a conciliare vita familiare ed esigenze lavorative, i problemi da affrontare sono sempre gli stessi quando si prova a conciliare carriera e cura della famiglia nei primi anni di vita di un bambino; costi alti per asili nido, stipendi bassi e nonni ancora in servizio, che non possono badare ai nipoti.
Per le donne ritornare al lavoro dopo la nascita di un figlio è problematico in tutte le regioni d’Italia, dalla Sicilia alla Lombardia, anche lì dove solitamente l’occupazione femminile è maggiore rispetto alla media nazionale e dove le differenze sono sostanziali nel mondo del lavoro e nella rete familiare.
In Italia le dimissioni volontarie di genitori con figli fino a 3 anni d’età sono state 37.738, le donne 29.879, tra le mamme, 5.261 sono i passaggi ad altra azienda, mentre tutte le altre (24.618) hanno specificato motivazioni legate alla difficoltà di assistere il bambino (costi elevati e mancanza di nidi) o conciliare lavoro e famiglia. Per gli uomini la situazione è capovolta: su 7.859 papà che hanno lasciato il lavoro, 5.609 sono passaggi ad altra azienda e solo gli altri hanno deciso di farlo per difficoltà familiari (dati 2016 ultimi a disposizione di ministero e Ispettorato.
La Lombardia è in testa con un numero altissimo di dimissioni convalidate, ben 8.850 di cui 3.757 sono dovute al passaggio ad altra azienda, le altre (5.093) sono legate a motivi familiari, quasi la metà (3.105) si sono licenziate per mancato accoglimento al nido, assenza di parenti di supporto e elevata incidenza dei costi di assistenza del pargolo, nonostante la Lombardia garantisca una rete di nidi e supporto tra le più sviluppate in Italia.
Nel Veneto ,non va meglio, seconda regione per numero di dimissioni, 5.008 (3.658 mamme e 1.350 papà)., sono 770 i genitori a sottolineare che nella scelta abbia inciso la mancata concessione del part time o la modifica dei turni, seguono Lazio (3.616) ed Emilia Romagna (3.609), quasi a pari merito nonostante le enormi differenze sociali e lavorative dei due territori. hanno scelto di perdere il lavoro perché non riuscivano a conciliarlo con la famiglia rispettivamente 1.519 di cui 1.243 donne.
Il numero più alto di dimissioni è stato registrato al Nord, 23.117, mentre al Centro sono state 8.562 e al Sud 6.059. In generale i cambi di azienda non incidono così tanto (al Nord sono stati circa 8.000). Ma al Sud sono davvero pochissimi, appena 350. Fanalino di coda la Calabria, 517, in questo caso incide tanto la disoccupazione femminile.
Meno guadagni più sei sola e costretta a dimetterti; tra operaie e impiegate 28.102 convalide, mentre dirigenti e quadri sono state 680.
Con uno stipendio che a stento raggiunge mille euro e ne spendi 500 tra tata e nido e dai 500 che avanzano bisogna sottrarre i costi base pannolini e prodotti per l’igiene, sono molte a pensare che non valga la pena stare almeno 7 ore lontano da casa per guadagnare così poco e non dedicarsi al figlio.
Questo è un circolo vizioso perché dimettendoti perdi anche alcuni benefici come il Bonus baby sitter: risollevarsi e cercare un altro impiego diventa sempre più difficile.
Alfredo Magnifico

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